Maria
Adele Garavaglia
Biografia
di
Alessandro
Manzoni
- tratta da: Antologia
da I Promessi Sposi,
Introduzione, scelta, commento e
apparato didattico, appendice critica
a cura di Maria Adele Garavaglia,
Mursia, Milano 1996
La
presente biografia è stata riveduta e
ampliata rispetto all'edizione cartacea
in collaborazione con Giuseppe Bonghi
- edizione telematica, HTML,
impaginazione e revisione di Giuseppe
Bonghi
- La presente Biografia può essere
riprodotta su qualsiasi tipo di supporto
magnetico, ma non su carta in qualsiasi
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Primi
passi
Alessandro
Manzoni, uno dei più grandi scrittori
non solo del XIX secolo, ma della
letteratura europea dal Medioevo in poi,
nasce a Milano il 7 marzo 1785, dal
conte Pietro Manzoni, un benestante
proprietario terriero originario di
Barzio in Valsassina, e da Giulia
Beccaria figlia di Cesare Beccaria, il
celebre illuminista autore dell'opera Dei
delitti e delle pene, contro la
tortura e la pena di morte.
Quando
Giulia sposa Pietro Manzoni ha vent'anni
e lui quarantasei, due più del suocero.
È un matrimonio combinato, al quale la
giovane acconsente malvolentieri e che
subisce con insofferenza. Così quando
nasce Alessandro, i soliti pettegoli
danno per certo che la paternità del
bambino sia da attribuirsi a Giovanni,
il più giovane e avvenente dei conti
Verri.
Pietro
Manzoni, però, riconosce il figlio e lo
affida a una balia, dal carattere dolce
e allegro, che abita alla cascina Costa,
tra Malgrate e Mozzate, nei dintorni di
Lecco.
Ma
il matrimonio di convenienza tra i
coniugi Manzoni dura poco; sin dai primi
mesi, costretta a vivere con un marito
più vecchio di lei, insieme a sette
cognate nubili e a un cognato canonico,
Giulia si dimostra insofferente a
un'atmosfera buia e retrograda, e
comincia a frequentare la casa dei
Verri, dove si innamora di Giovanni
Con
la nascita del bambino la situazione in
casa Manzoni diventa sempre più fredda,
tanto che nel 1791 Giulia chiede e
ottiene la separazione legale, che verrà
ratificata dal tribunale nel febbraio
1792. Alessandro secondo la legge resta
con il padre.
A
sei anni il piccolo Alessandro entra nel
collegio dei padri Somaschi, prima a
Merate e poi, nel 1796, a Lugano. Qui
conosce padre Carlo Felice Soave
(1749-1803), autore fra l'altro di Novelle
morali per l'infanzia, un uomo
rigido ma di grande prestigio e
dirittura morale, l'unico tra i suoi
insegnanti che ricorderà con stima. Due
anni dopo eccolo a Milano, nel collegio
dei Nobili, gestito dai Barnabiti: dieci
anni in tutto, durante i quali riceve
una buona educazione classica, a
giudicare da come traduce Virgilio e
Orazio. Dalla scuola, però, esce
esasperato e ribelle, forse anche
amareggiato dalla sua situazione
familiare, ma gratificato da alcune
amicizie che dureranno tutta la vita,
come quella di Ermes Visconti
(1784-1841).
I
genitori si interessano poco di lui; già
dal 1792 Giulia Beccaria, che nel
frattempo, abbandonando casa Verri,
aveva conosciuto il nobile e ricco Carlo
Imbonati, col quale si stabilisce prima
a Londra e poi a Parigi, dove viene
accolta favorevolmente anche grazie alla
fama del padre, finché nel 1805 il
nobile muore improvvisamente lasciandola
erede di una cospicua fortuna.
L'adolescente Manzoni, fu in pratica
abbandonato dalla madre, ed ebbe scarsi
contatti umani con il padre, che in lui
vedeva l'immagine del suo fallimento
matrimoniale e di una donna che non era
stato capace di amare e conquistare,
anche a causa di un carattere irresoluto
e incline a una spiritualità umana e
religiosa di maniere fatta di apparenze
più che di sostanza. L'adolescenza di
Alessandro trascorse quindi senza quegli
affetti familiari che sono
indispensabili per creare quel vero
equilibrio tra vita interiore e vita
sociale che è alla base di una vita che
può definirsi felice: ogni altro
equilibrio è destinato a spezzarsi al
primo soffio veramente impetuoso, che
spazza via ogni ostacolo che non è
profondamente radicato.
Intanto
nel 1798 Alessandro ritorna a Milano,
che nel frattempo era diventata la
capitale della repubblica Cisalpina,
dopo il Trattato di Campoformio, col
quale Venezia cade sotto l'Impero
austriaco e Napoleone consolida il suo
dominio sull'Italia settentrionale, nel
collegio Longone dei Padri Barnabiti.
Nel 1801 completa gli studi e ritorna in
famiglia nel palazzo di via san Damiano,
alternando i soggiorni nella villa
estiva al Caleotto, presso Lecco; ma
vive praticamente isolato da padre,
insieme alla servitù, pur conoscendo
ospiti abbastanza occasionali come
Monti, Foscolo e Cuoco; dello stesso
anno è la sua prima opera importante,
il poemetto di stampo classicheggiante,
secondo gusti montiani, Del trionfo
della libertà, frutto anche della
sua insofferenza al metodo educativo di
Barnabiti e Somaschi, del suo distacco
dal cattolicesimo e dell'entusiastico
avvicinamento agli ideali illuministici
e ai valori della Rivoluzione Francese,
portati a Milano dall'armata
Napoleonica.
Alessandro,
nella casa del conte Manzoni, respira
un'atmosfera malinconica, accresciuta
dalla tetraggine delle sette zie nubili,
una delle quali ex monaca, e dallo zio
monsignore che porta la natta
all'occhio. Pure, riesce a divertirsi,
come tutti i giovani. Ama il teatro, va
a giocare al Ridotto della Scala,
conosce il poeta Vincenzo Monti
(1754-1828) che gli sembra un'immagine
autorevole da imitare, ammira le idee
che diffonde Napoleone in tutta Europa,
anche se il personaggio lo lascia
perplesso.
La
vocazione poetica del sedicenne Manzoni
si manifesta con un sonetto
autobiografico, Autoritratto, in
cui si presenta: «Capel bruno; alta
fronte; occhio loquace...» e poi, per
quanto riguarda il carattere, ammette di
essere «Duro di modi, ma di cor gentile»,
anche se confessa, alla fine, di essere
un po' confuso circa il giudizio da dare
di se stesso, «Poco noto ad altrui,
poco a me stesso. / Gli uomini e gli
anni mi diran chi sono». È un
adolescente in cerca della propria
identità.
Il sonetto riecheggia lo stile di
Vittorio Alfieri (1749-1803) che, per i
giovani del tempo, è una sorta di idolo
di cui si ammira la generosità,
l'insofferenza per ogni forma di
ipocrisia, il carattere ribelle,
l'incarnazione del genio incompreso, in
lotta contro ogni forma di mediocrità.
Da
poco uscito di collegio, respirando
l'aria ricca di ideali illuministici
della capitale lombarda, il giovane
Manzoni scrive il suo primo poemetto in
quattro canti, intitolato Del trionfo
della libertà (1801), in cui,
imitando il suo "maestro"
Vincenzo Monti, e anche Dante, condanna
ogni forma di tirannide.
L'esordio
poetico risale al 1802: Francesco
Lomonaco (1772-1810), storico e saggista
esule da Napoli dopo la fallita
rivoluzione del 1799, inserisce il
sonetto manzoniano Per la vita di
Dante, in apertura delle sue Vite
degli eccellenti italiani. In questi
anni, incoraggiato dai consensi e
dall'amicizia di poeti come Ugo Foscolo
(1778-1827) ed Ermes Visconti (con la
sorella del quale, l'angelica Luisina,
vive l'emozione del primo amore, ma
presto la famiglia scoraggia le assidue
visite del tenero poeta), scrive l'ode Qual
su le Cinzie cime (1802), in cui si
sente l'influsso della poesia del Parini
e del Foscolo, l'idillio Adda (1803),
una sorta di invito al Monti perché sia
suo ospite nella villa paterna del
Caleotto, sul lago di Como, e i quattro Sermoni,
in cui, alla maniera di Orazio, elabora
una satira sferzante contro il
malcostume del tempo. Il giovane
comprende che il poeta deve coltivare in
sé una fortissima tensione morale per
trasformare l'opera d'arte in strumento
educativo per l'umanità.
Questo
è il retaggio di un altro grande poeta
che, scomparso da qualche anno, ancora
irraggia la sua personalità su tutta la
cultura milanese e dà un carattere di
forte impegno all'illuminismo lombardo:
Giuseppe Parini (1729-1799).
A
diciott'anni, nel 1803, Alessandro
Manzoni è già noto ai più grandi
intellettuali del tempo, a cui chiede
giudizi e valutazioni sulla sua
produzione: sottopone le poesie al
Monti, che ha per lui parole
lusinghiere. Diviene amico di Vincenzo
Cuoco( 1770-1823), esule a Milano come
il Lomonaco, e autore del Saggio
sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801),
col quale inorridisce il poeta
raccontando le sanguinose repressioni
borboniche. Da lui riceve lo stimolo a
conoscere il pensiero di Giambattista
Vico e si entusiasma per la ricerca
storica. L'idea di storia, come analisi
delle condizioni di un popolo e come
insieme degli avvenimenti in cui è
protagonista la massa, si insinua in
questi anni nella mente dell'autore dei Promessi
Sposi, il "romanzo degli
umili".
Milano
è una città stimolante e affascinante
per il ragazzo che ha conosciuto, fino a
sedici anni, i quieti paesaggi del lago
di Como (contemplati dalla villa paterna
del Caleotto, a Lecco) e gli austeri
corridoi dei collegi. Tuttavia egli
lascia la Lombardia con entusiasmo,
quando la madre lo chiama a Parigi, nel
1805.
Nel
1804 il Monti si trova a Parigi, ospite
dell'Imbonati e di Giulia e le parla di
quel figlio lontano e praticamente
sconosciuto. Ecco rifarsi viva, dopo
anni di silenzio, questa figura materna
così spregiudicata e anche un po'
egoista, a ben vedere. Forse è il
timore della solitudine, forse è il
bisogno di liberarsi dai sensi di colpa.
Non si sa che cosa induca Giulia a
richiedere la presenza del figlio.
Alessandro riceve l'invito: chiede i
soldi per il viaggio al padre, che
subito glieli concede; ma mentre si
accinge a partire, viene raggiunto dalla
notizia della morte dello stesso
Imbonati, lasciando erede Giulia dei
suoi beni, tra cui la villa di Brusuglio,
poco fuori Milano. Il ventenne
Alessandro, nel settembre 1805 raggiunge
Parigi e più che una madre conosce una
donna, afflitta per la recente perdita:
si fondono due dolori ma nasce anche
lentamente e con una certa fermezza un
affetto che in qualche modo ripaga del
mancato amore degli anni trascorsi.
Comincia così, per lui, uno dei momenti
più costruttivi della sua formazione
intellettuale
Parigi
e una madre
«Giulia
Beccaria aveva quarantatrè anni: coi
capelli biondi, quasi fulvi, gli occhi
grigi, il naso aquilino, il temperamento
virile, ardimentoso, orgoglioso,
imperioso, lo spirito vivace e acuto,
conservava ancora quella grazia che
aveva fatto di lei la regina dei salotti
illuministi di Milano»
L'intesa è immediata: il giovane
subisce il fascino della madre e
accoglie le sue confidenze, consola il
suo dolore. Per lei scrive il Carme
in morte di Carlo Imbonati (1806),
in cui immagina che il defunto gli
appaia in sogno per suggerirgli il
corretto comportamento dell'uomo
d'onore, che deve «conservar la mano /
pura e la mente...il santo Vero / mai
non tradir: né proferir mai verbo / che
plauda al vizio, o la virtù derida».
Pare una sorta di decalogo morale al
quale il Manzoni si atterrà per tutta
la vita, in cui esprime i suoi ideali
umani e letterari impregnati di coerenza
etica e una analisi concreta e reale
della storia dell'uomo e della sua
evoluzione.
Egli condanna anche la cultura
disimpegnata o, peggio, utilizzata per
motivi economici, abbassata a merce in
vendita. Impossibile non ricordare
quella sorta di commovente testamento
intellettuale e morale che è l'ode La
caduta di Giuseppe Parini.
Il
rigore morale di questi affiora nel
disgusto manzoniano per gli adulatori
dei potenti, che riducono la letteratura
a «un vergognoso / ... di lodi mercato
e di strapazzi».
Negli
anni trascorsi a Parigi, fino al 1810,
Manzoni ha la possibilità di allargare
il proprio orizzonte culturale con
amicizie che risulteranno decisive per
la sua formazione artistica e
letteraria. Frequenta il salotto di
Sophie Grouchy vedova del filosofo
Condorcet, morto suicida negli anni
della Rivoluzione Francese, prima ad
Auteuil e poi a Meulan, in una dolce
casa di campagna detta la Maisonnette,
una bella villa a quaranta chilometri
dalla capitale, da dove si gode un
panorama stupendo sulla Senna.
Alessandro
conosce quello che sarà un grande amico
di tutta la vita, Claude Fauriel
(1772-1844), il filologo che insieme a
Madame de Staël promosse la cultura
romantica in Francia e che nel
frattempo, troncando la sua relazione
amorosa proprio con la Staël, era
diventato l'amante di Sofia, con la
quale convivrà per una ventina d'anni
senza matrimonio, fino alla morte della
donna. Claude Fauriel lo introduce nel
gruppo degli Ideologi,
intellettuali che si oppongono al regime
napoleonico, perché ha soffocato le
libertà propugnate durante la
rivoluzione del 1789. Appartengono a
questo movimento personaggi come il
filosofo Antoine Destutt de Tracy
(1754-1836), il
medico-fisiologo-filosofo naturalista
Pierre Jean Cabanis (1757-1808). Sotto
la loro guida Manzoni si apre a una
prospettiva letteraria europea, e impara
che ogni ricerca deve essere condotta «con
massimo scrupolo ed evitando di trarne
nessuna deduzione di cui non si fosse
assolutamente certi». Nasce da qui
quell'atteggiamento mentale che indurrà
Manzoni a ricostruire con molto scrupolo
storiografico l'ambientazione delle
opere tragich