ALESSANDRO MANZONI
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Giuseppe Bonghi Introduzione
Il
Cinque Maggio L’ode
è stata scritta da Manzoni in soli tre
giorni (17-19 luglio 1821) subito dopo
la notizia della morte di Napoleone,
giunta a Milano il 16 luglio, che doveva
provocare nel Poeta una notevole
impressione che creò quello sgomento
che sempre coglie gli uomini quando
muoiono i Grandi che sembrabo
indistruttibili, una certa commozione
che nel Manzoni si traduce nella
meditazione sulla vita e sulla morte,
sulla fragile transitorietà delle
glorie umane e terrene, sulla dolorosità
della solitudine acuita dal ricordo
delle grandezze passate e dall’ansietà
di un desiderio, talvolta potente, di un
aiuto che non arriva (Napoleone che
scruta l’orizzonte lontano sul mare),
e infine la pacificazione nella Benefica
Fede, con una preghiera "a
speredere ogni ria parola"
superando la condizione umana
contingente nell’attesa di raggiungere
il premio / che i desideri avanza.
Entrambe
cominciano con la realtà presente della
morte di Napoleone (Ei fu al v.
1, E sparve al v. 55), di un
Napoleone che è solo uno dei due centri
costitutivi dell’ode (l’altro è
Dio). Ciò che colpisce
l’immaginazione e la spiritualità del
Manzoni non è la figura di Napoleone,
dominatore degli eventi a cavallo fra il
Settecento e l’Ottocento, o la
storiadei fatto o delle idee di quegli
anni, quanto il silenzio e la solitudine
vissuti nell’isola di Sant’Elena, e
la possibilità di un profondo
pentimento maturato nella meditazione
sulla sua vita passato e di un
affidamento alla pietà di Dio
all’avvicinarsi della fine dei propri
giorni.
Marzo
1821 L’ode
fu scritta da Manzoni in occasione dei
moti carbonari piemontesi del 1821,
quando l’atteggiamento riformistico e
liberale del giovane Carlo Alberto,
erede al trono piemontese e Reggente in
attesa dell’arrivo del Re Carlo Felice
di Savoia, che sembrava stesse per
varcare il Ticino ed entrare con le armi
in Lombardia per aiutare i patrioti a
liberare il Lombardo-Veneto
dall’oppressivo dominio austriaco,
aveva acceso le speranze dei liberali e
di coloro che aspiravano
all’unificazione dei vari stati
italiani sotto un’unica bandiera. Ma
le speranze vennero ben presto
vanificate sia dall’intervento di
Carlo Felice che della polizia
austriaca, che procedette a una dura
repressione nella quale furono
coinvolti, tra gli altri, Silvio Pellico
e Federico Confalonieri. |