Il
sec. XIII segna in Italia, con ben due secoli di ritardo rispetto alla
Francia, l'inizio dell'affermazione del volgare scritto. Il ritardo era
dovuto al fatto che in Italia persisteva una tradizione letteraria
classico-latina, sostenuta dal ceto ecclesiastico e anche dagli
intellettuali laici che frequentavano le corti signorili, tenendosi ben
lontani dalle esigenze popolari.
Sulla
nostra letteratura in volgare cominciano ad esercitare una certa influenza
due letterature neolatine sorte in Francia già nell'XI sec.: quella d'OC
o
provenzale od occitanica (Francia meridionale), attraverso i poeti
provenzali stanziati in Italia, e, in misura minore, quella d'OIL
od
oitanica (Francia settentrionale). La lingua d'OC era ritenuta
particolarmente adatta alle rime; quella d'OIL alla prosa.
In
particolare, la poesia provenzale influenzò tutta la nostra lirica
amorosa, per la tematica e per il rigore stilistico-espressivo. Dalle
corti feudali francesi si diffusero valori come lealtà, liberalità,
discrezione, eroismo, l'amore inteso come passione irresistibile e
dedizione assoluta. Il poeta, come un vassallo, rende omaggio all'amata
(una castellana), aspetta da lei un beneficio per la sua dedizione (che può
anche essere un sorriso), soffre per la lontananza.
La
letteratura in lingua d'OIL, costituita dalle canzoni di gesta eroiche,
epiche e dai romanzi dei cicli carolingio e bretone (ad es. la Chanson
de Roland, che narra le imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini
contro i saraceni dilagati in Spagna; oppure Le gesta di re Artù e dei
cavalieri della tavola rotonda, Lancillotto, Leggende di
Tristano e Isotta ecc.), si mescola con la lingua veneta, producendo
una letteratura non molto diffusa.
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