FOSCOLO
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La critica storica del Carducci si fondava sul pregiudizio che l’opera d'arte è un fenomeno inspiegabile, e da ciò derivava la convinzione che il critico non dovesse farsi mediatore tra l’opera poetica e il lettore nella definitiva interpretazione dell’opera stessa, interpretazione che doveva invece essere affidata esclusivamente alla sensibilità ed al gusto del singolo lettore. L’attività del critico doveva limitarsi a fornire, attraverso scrupolose e faticose ricerche, tutte le notizie possibili circa l’ambiente storico in cui era vissuto l’autore, i particolari anche  più insignificanti  della vita di costui, le precisazioni più dettagliate su luoghi, personaggi, situazioni richiamati nell'opera. Per esempio l’opera del critico nello studio del canto leopardiano “A Silvia” doveva consistere nella ricerca di ogni particolare della vita di Teresa Fattorini, dei suoi eventuali rapporti col Leopardi, della sua morte, lasciando poi alla sensibilità del lettore di scoprire se la fanciulla, nell’ispirazione del Poeta, rappresentasse o meno un valore ideale, avesse o non la funzione di puro simbolo  (ad esempio quello della “Speranza” che svanisce al primo apparire dell'arido “Vero”).

Come si vede, la critica del Carducci si rifaceva alla lezione del Foscolo solo per quanto attiene all’aspetto strumentale dell'attività del critico.

Fra i suoi scritti più impegnativi ricordiamo “Dante, Petrarca e Boccaccio”, “Il Poliziano e l’Umanesimo”, “L’Ariosto e il Tasso”, “Il Parini minore”, “Il Parini maggiore”, “Leopardi e Manzoni”,  Poeti e figure del Risorgimento”. 


Copyright © 1999 Luigi De Bellis