IL TRECENTO
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LETTERATURA RELIGIOSA
DEL TRECENTO
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LA NOVELLISTICA
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LA STORIOGRAFIA DEL TRECENTO
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Altre notizie
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La
letteratura religiosa del Trecento |
Il sec. XIV registrò una grande
fioritura di letteratura religiosa, tutta ispirata alla volontà di
educare il popolo ai precetti del cattolicesimo e perciò di tono
estremamente popolare.
Moltissime opere furono ispirate alla
vita di S. Francesco, ma qui ricordiamo solo quella famosissima di un
anonimo (che in effetti trascrisse un'opera scritta nel secolo precedente
da un autore anch'egli sconosciuto), i "Fioretti
di S. Francesco", in cui viene esaltata l'umiltà del Santo
d'Assisi, vengono ricordati i suoi miracoli: spira in queste pagine
un'aria fresca di poesia popolare che tocca il cuore soprattutto dei più
semplici.
Ricordiamo ancora le "Vite
dei Santi Padri" di Domenico Cavalca, lo "Specchio di
vera penitenza" di Jacopo Passavanti e le ''Lettere" dettate ai
suoi discepoli da S. Caterina da Siena (delle 388 lettere sono famose
quelle indirizzate ai papi o per convincerli a riportare la sede
pontificia da Avignone a Roma o per invitarli ad organizzare una crociata
contro gli infedeli dell'oriente.
IAnche la novellistica, dopo
l'esempio del Boccaccio, ebbe molta fortuna presso i letterati, ma
nessuno dei suoi autori riuscì a scalfire minimamente il primato
del grande trecentista. Sono tuttavia da ricordare Ser Giovanni
Fiorentino, le cui 50 novelle sono raccolte nel
"Pecorone", Giovanni Sercambi di Lucca, autore di 150
novelle, e Franco Sacchetti, di origine fiorentina anche se nato a
Ragusa, in Dalmazia, che scrisse le "Trecento novelle"
(solo 223 sono però giunte fino a noi), in cui racconta la vita del
ceto emergente della borghesia sia toscana che romagnola, usando il
linguaggio fresco del popolo fiorentino.
La
storiografia del Trecento |
Nel sec. XIV, pur perdurando la
concezione medievale secondo la quale i fatti della storia dipendono
direttamente dall'intervento della Provvidenza divina nelle cose
umane, si incomincia però a tener conto anche delle passioni umane
e dell'importanza dei fatti economici come motivi in rapporto con
gli avvenimenti storici. Ma gli storiografi, piuttosto che vere e
proprie storie, si limitano a comporre "cronache" dei
tempi loro e della loro città.
Dino Compagni (1255-1324),
ricco mercante fiorentino ed amico di Dante, partecipò attivamente
alla vita politica della sua città, schierandosi dalla parte dei
Bianchi (fu anche Priore). Nella sua "Cronica delle cose
occorrenti ne' tempi suoi", senza nascondere la sua passione di
parte, narra gli avvenimenti più salienti a lui contemporanei: la
lotta in Firenze tra guelti e ghitellini, il trionfo dei primi sui
secondi, la scissione dei Guelfi in Bianchi e Neri e la conseguente
lotta per il potere, il sopravvento dei Neri con l'aiuto del papa
Bonifacio VIII e la messa al bando dei Bianchi. Egli, che grazie ad
un cavillo giuridico sfuggì alla condanna dell'esilio, fu
spettatore anche dei fatti successivi all'arrivo in Firenze di Carlo
di Valois e questi riferisce fino alla discesa dell'imperatore
Arrigo VII (13t2).
Giovanni Villani
(1276-1348), anch'egli fiorentino, mercante e uomo politico, compose
una "Cronica" di Firenze, in 12 libri, nella quale riesce
a far tacere le ragioni di parte e a riportare con obiettività di
giudizio i fatti salienti a lui contemporanei. Dopo la sua morte
l'opera fu continuata dal fratello Matteo e dal nipote Filippo, che
estesero la narrazione fino al 1364.
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