Storia
della letteratura. Letteratura e poesia
I concetti di "letteratura"
e "poesia", spesso confusi tra loro, vanno invece ben distinti:
infatti il primo è relativo a tutte le opere scritte in una determinata
lingua,siano esse propriamente artistiche (testi lirici,narrativi e
drammatici) o non artistiche (testi filosofici, politici, scientifici,
ecc.); il secondo riguarda invece soltanto i testi d'arte. Quindi il
coretto di "letteratura" è più ampio e generico, quello di
"poesia" più ristretto e specifico.
Fare la storia della letteratura
significa descrivere la storia civile di un popolo attraverso l'esame dei
testi scritti,artistici e non artistici,con particolare riferimento -
anche per questi ultimi - alla forma espressiva (stile ,linguaggio, ecc.):
ad esempio, per descrivere le caratteristiche salienti della civiltà
italiana del sec. XVI (il Cinquecento) attraverso i testi letterari,non si
può fare a meno di studiare l' "Orlando
Furioso" dell' Ariosto (opera di poesia)
e il "Principe"
del Machiavelli (opera di filosofia politica),ma è chiaro che l'opera del
Machiavelli nella storia letteraria interessa sia per il contenuto che per
la forma,mentre nella storia della filosofia interessa solo per il
contenuto.
Le
origini della lingua italiana
Ai tempi del suo grande impero,Roma
impose l'uso ufficiale della sua lingua a tutte le popolazioni sottomesse
e cercò di diffondere anche la lingua parlata del popolo romano,lingua
che si distingueva in vari gerghi a seconda dei vari ceti sociali. Questa
lingua "volgare",cioè
del volgo,era assai inferiore a quella letteraria usata dagli scrittori e
dalle persone colte. l'evoluzione della lingua latina letteraria è
testimoniata dalle opere dei vari autori sia dell'antichità che del
Medioevo (difatti anche nel Medioevo si continuò a scrivere in latino),ma
dell'evoluzione del latino parlato ovviamente non si ha alcun documento.
Però fu proprio questo latino volgare che,miscelandosi coi vari linguaggi
locali nei territori soggetti a Roma,diede vita alle varie lingue
"romanze" (cioè derivate in qualche misura dal volgare romano e
così definite dall'espressione medievale "romanice loqui",dapprima
usate solo nell'uso parlato,poi assunte anche per le opere scritte (dopo
il Mille).
In Italia i primi documenti scritti
in volgare risalgono ai secoli VII ed VIII (denominazioni di luoghi),al IX
(un indovinello), al X (la testimonianza di alcuni contadini in una causa
civile fra il monastero di Montecassino e un certo Rodelgrino d'Aquino).
Ma solo nel XIII secolo il volgare fu usato per opere poetiche (in
Umbria,in Lombardia e nel Veneto per opere letterarie di ispirazione
religiosa; in Sicilia e Toscana per opere di ispirazione amorosa e
civile). E' merito soprattutto dei poeti siciliani della corte di Federico
II di Svevia l'aver tentato di elaborare un
volgare che avesse dignità letteraria e che fosse usato da scrittori di
diverse regioni. Questo "volgare", perfezionato dai Toscani (e
particolarmente da Dante,Petrarca e Boccaccio), divenne poi la lingua
letteraria italiana.
L'eredità
della cultura classica
Il Medioevo continuò in letteratura
la tradizione classica di Roma, per quanto riguarda lo stile e la lingua,
ma ne rinnovò sostanzialmente la spiritualità che da "pagana"
divenne "cristiana". Naturalmente i nuovi scrittori, pur essendo
cristiani, continuarono a nutrire interessi legati ai problemi della vita
civile (come Aurelio Cassiodoro,
segretario di Teodorico e autore dei "Variarum libri XII", una
raccolta di epistole di argomento politico; e Severino
Boezio, anch'egli dignitario della corte di
Teodorico - che lo fece però uccidere per un presunto tradimento -,
autore dell'opera filosofica "De consolatione Philosophiae"
scritta in carcere). Via via, però, l'aspetto ascetico della spiritualità
cristiana prese il sopravvento sui valori prettamente terrestri (età di
Gregorio Magno) e la letteratura ebbe un notevole degrado, che durò fino
alla metà del sec. IX, anche se in questi secoli videro la luce alcune
importantissime opere storiche, come la "Historia Langobardorum"
di Paolo Diacono
e l' "Antopodosis" di Liutprando.
Naturalmente,nel campo della storiografia furono prevalenti,nel numero se
non nella qualità,le cronache monastiche.