Giovanni Verga
I Malavoglia
Capitolo XI
Una volta Ntoni Malavoglia,
andando girelloni pel paese, aveva visto due giovanotti che serano imbarcati qualche
anno prima a Riposto, a cercar fortuna, e tornavano da Trieste, o da Alessandria
dEgitto, insomma da lontano, e spendevano e spandevano allosteria meglio di
compare Naso, o di padron Cipolla; si mettevano a cavalcioni sul desco; dicevano delle
barzellette alle ragazze, e avevano dei fazzoletti di seta in ogni tasca del giubbone;
sicché il paese era in rivoluzione per loro.
Ntoni, quando la sera tornava a
casa, non trovava altro che le donne, le quale mutavano la salamoia nei barilotti, e
cianciavano in crocchio colle vicine, sedute sui sassi; e intanto ingannavano il tempo a
contare storie e indovinelli, buoni pei ragazzi, i quali stavano a sentire con tanto
docchi intontiti dal sonno. Padron Ntoni ascoltava anche lui, tenendo
docchio lo scolare della salamoia, e approvava col capo quelli che contavano le
storie più belle, e i ragazzi che mostravano di aver giudizio come i grandi nello
spiegare gli indovinelli.
- La storia buona, disse allora
Ntoni, è quella dei forestieri che sono arrivati oggi, con dei fazzoletti di seta
che non par vero; e i denari non li guardano cogli occhi, quando li tirano fuori dal
taschino. Hanno visto mezzo mondo, dice, che Trezza ed Aci Castello messe insieme, sono
nulla in paragone. Questo lho visto anchio; e laggiù la gente passa il tempo
a scialarsi tutto il giorno, invece di stare a salare le acciughe, e le donne, vestite di
seta e cariche di anelli meglio della Madonna dellOgnina, vanno in giro per le vie a
rubarsi i bei mannari.
Le ragazze sgranavano gli occhi, e padron
Ntoni stava attento anche lui, come quando i ragazzi spiegavano gli indovinelli: -
Io, disse Alessi, il quale vuotava adagio adagio i barilotti, e li passava alla Nunziata,
- io quando sarò grande, se mi marito voglio sposar te.
- Ancora cè tempo, rispose Nunziata
seria seria.
- Devono essere delle città grandi come
Catania; che uno il quale non ci sia avvezzo si perde per le strade; e gli manca il fiato
a camminare sempre fra le due file di case, senza vedere né mare né campagna.
- E cè stato anche il nonno
di Cipolla, aggiunse padron Ntoni, ed è in quei paesi là che sè fatto
ricco. Ma non è più tornato a Trezza, e mandò solo i denari ai figliuoli.
- Poveretto! disse Maruzza.
- Vediamo se mi indovini questaltro,
disse la Nunziata: Due lucenti, due pungenti, quattro zoccoli e una scopa.
- Un bue! rispose tosto Lia.
- Questo lo sapevi! ché ci sei arrivata
subito; esclamò il fratello.
- Vorrei andarci anchio, come padron
Cipolla, a farmi ricco, aggiunse Ntoni.
- Lascia stare! gli disse il nonno,
contento pei barilotti che vedeva nel cortile. Adesso ci abbiamo le acciughe da salare. Ma
la Longa guardò il figliuolo col cuore stretto, e non disse nulla perché ogni volta che
si parlava di partire le venivano davanti agli occhi quelli che non erano tornati più.
E poi soggiunse: «Né testa, né coda,
chè meglio ventura».
Le file dei barilotti si allineavano
sempre lungo il muro, e padron Ntoni, come ne metteva uno al suo posto, coi sassi di
sopra, diceva: - E un altro! Questi a Ognissanti son tutti danari.
Ntoni allora rideva, che pareva
padron Fortunato quando gli parlavano della roba degli altri. - Gran denari! borbottava; e
tornava a pensare a quei due forestieri che andavano di qua e di là, e si sdraiavano
sulle panche dellosteria, e facevano suonare i soldi nelle tasche. Sua madre lo
guardava come se gli leggesse nella testa; né la facevano ridere le barzellette che
dicevano nel cortile .
- Chi deve mangiarsi queste sardelle qui,
cominciava la cugina Anna, deve essere il figlio di un re di corona bello come il sole, il
quale camminerà un anno, un mese e un giorno, col suo cavallo bianco; finché arriverà a
una fontana incantata di latte e di miele; dove, scendendo da cavallo per bere, troverà
il ditale di mia figlia Mara, che ce lavranno portato le fate dopo che Mara
lavrà lasciato cascare nella fontana empiendo la brocca; e il figlio del re col
bere che farà nel ditale di Mara, si innamorerà di lei; e camminerà ancora un anno, un
mese e un giorno, sinché arriverà a Trezza, e il cavallo bianco lo porterà davanti al
lavatoio, dove mia figlia Mara starà sciorinando il bucato; e il figlio del re la
sposerà e le metterà in dito lanello; e poi la farà montare in groppa al cavallo
bianco, e se la porterà nel suo regno.
Alessi ascoltava a bocca aperta, che
pareva vedesse il figlio del re sul suo cavallo bianco, a portarsi in groppa la Mara della
cugina Anna. - E dove se la porterà? domandò poi la Lia.
- Lontano lontano, nel suo paese di là
del mare; donde non si torna più.
- Come compar Alfio Mosca, disse la
Nunziata. Io non vorrei andarci col figlio del re, se non dovessi tornare più.
- La vostra figlia non ha un soldo di
dote, perciò il figlio del re non verrà a sposarla; rispose Ntoni; e le volteranno
le spalle, come succede alla gente, quando non ha più nulla.
- Per questo mia figlia sta lavorando qui
adesso, dopo essere stata tutto il giorno al lavatoio, per farsi la dote. Non è vero
Mara? Almeno se non viene il figlio del re, verrà qualchedun altro. Lo so anchio
che il mondo va così, e non abbiamo diritto di lagnarcene. Voi, perché non vi siete
innamorato di mia figlia, invece dinnamorarvi della Barbara che è gialla come il
zafferano? perché la Zuppidda aveva il fatto suo, non è vero? E quando la disgrazia vi
ha fatto perdere il fatto vostro, a voi altri, è naturale che la Barbara vavesse a
piantare.
- Voi vi accomodate a ogni cosa, rispose
Ntoni imbronciato, e hanno ragione di chiamarvi Cuor contento.
- E se non fossi Cuor contento, che
si cambiano le cose? Quando uno non ha niente, il meglio è di andarsene come fece compare
Alfio Mosca.
- Quello che dico io! esclamò
Ntoni.
- Il peggio, disse infine Mena, è
spatriare dal proprio paese, dove fino i sassi Vi conoscono, e devessere una cosa da
rompere il cuore il lasciarseli dietro per la strada. «Beato quelluccello, che fa
il nido al suo paesello».
- Brava SantAgata! conchiuse il
nonno. Questo si chiama parlare con giudizio.
- Sì! brontolò Ntoni, intanto,
quando avremo sudato e faticato per farci il nido ci mancherà il panìco; e quando
arriveremo a ricuperar la casa del nespolo, dovremo continuare a logorarci la vita dal
lunedì al sabato; e saremo sempre da capo!
- O tu, che non vorresti lavorare più?
Cosa vorresti fare? lavvocato ?
- Io non voglio fare lavvocato!
brontolò Ntoni, e se ne andò a letto di cattivo umore.
Ma dallora in poi non pensava ad
altro che a quella vita senza pensieri e senza fatica che facevano gli altri; e la sera,
per non sentire quelle chiacchiere senza sugo, si metteva sulluscio colle spalle al
muro, a guardare la gente che passava, e digerirsi la sua mala sorte; almeno così si
riposava pel giorno dopo, che si tornava da capo a far la stessa cosa, al pari
dellasino di compare Mosca, il quale come vedeva prendere il basto, gonfiava la
schiena, aspettando che lo bardassero! - Carne dasino! borbottava; ecco cosa siamo!
Carne da lavoro! E si vedeva chiaro che era stanco di quella vitaccia, e voleva andarsene
a far fortuna, come gli altri; tanto che sua madre, poveretta, laccarezzava sulle
spalle, e laccarezzava pure col tono della voce, e cogli occhi pieni di lagrime,
guardandolo fisso per leggergli dentro e toccargli il cuore. Ma ei diceva di no, che
sarebbe stato meglio per lui e per loro; e quando tornava poi sarebbero stati tutti
allegri. La povera donna non chiudeva occhio in tutta la notte, e inzuppava di lagrime il
guanciale. Infine il nonno se ne accorse, e chiamò il nipote fuori delluscio,
accanto alla cappelletta, per domandargli cosa avesse.
- Orsù, che cè di nuovo? dillo a
tuo nonno, dillo!
Ntoni si stringeva nelle spalle; ma
il vecchio seguitava ad accennare di sì col capo, e sputava, e si grattava il capo
cercando le parole.
- Sì, sì, qualcosa ce lhai in
testa, ragazzo mio! Qualcosa che non cera prima. «Chi va coi zoppi, allanno
zoppica.»
- Cè che sono un povero diavolo!
ecco cosa cè!
- Bè! che novità! e non lo sapevi? Sei
quel che è stato tuo padre, e quel che è stato tuo nonno! «Più ricco è in terra chi
meno desidera.» «Meglio contentarsi che lamentarsi.»
- Bella consolazione!
Questa volta il vecchio trovò subito le
parole, perché si sentiva il cuore sulle labbra:
- Almeno non lo dire davanti a tua madre.
Mia madre... Era meglio che non mi avesse
partorito, mia madre.
- Sì, accennava padron Ntoni, sì,
meglio che non tavesse partorito, se oggi dovevi parlare in tal modo.
Ntoni per un po non seppe che
dire: - Ebbene! esclamò poi, lo faccio per lei, per voi, e per tutti. Voglio farla ricca,
mia madre! ecco cosa voglio. Adesso ci arrabattiamo colla casa e colla dote di Mena; poi
crescerà Lia, e un po che le annate andranno scarse staremo sempre nella miseria.
Non voglio più farla questa vita. Voglio cambiare stato, io e tutti voi. Voglio che siamo
ricchi, la mamma, voi, Mena, Alessi e tutti.
Padron Ntoni spalancò tanto
docchi, e andava ruminando quelle parole, come per poterle mandar giù. - Ricchi!
diceva, ricchi! e che faremo quando saremo ricchi?
Ntoni si grattò il capo, e si mise
a cercar anche lui cosa avrebbero fatto. - Faremo quel che fanno gli altri... Non faremo
nulla, non faremo!... Andremo a stare in città, a non far nulla, e a mangiare pasta e
carne tutti i giorni.
- Va, va a starci tu in città. Per me io
voglio morire dove son nato; - e pensando alla casa dove era nato, e che non era più sua
si lasciò cadere la testa sul petto. - Tu sei un ragazzo, e non lo sai!... non lo sai!...
Vedrai cosè quando non potrai più dormire nel tuo letto; e il sole non entrerà
più dalla tua finestra!... Lo vedrai; te lo dico io che son vecchio! - Il poveraccio
tossiva che pareva soffocasse, col dorso curvo, e dimenava tristamente il capo: - «Ad
ogni uccello, suo nido è bello». Vedi quelle passere? le vedi? Hanno fatto il nido
sempre colà, e torneranno a farcelo, e non vogliono andarsene.
- Io non sono una passera. Io non sono una
bestia come loro! rispondeva Ntoni. Io non voglio vivere come un cane alla catena
come lasino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo, sempre a girar la ruota; io
non voglio morir di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani.
- Ringrazia Dio piuttosto, che tha
fatto nascer qui; e guardati dallandare a morire lontano dai sassi che ti conoscono.
«Chi cambia la vecchia per la nuova, peggio trova». Tu hai paura del lavoro, hai paura
della povertà; ed io che non ho più né le tue braccia né la tua salute non ho paura,
vedi! «Il buon pilota si prova alle burrasche». Tu hai paura di dover guadagnare il pane
che mangi; ecco coshai! Quando la buonanima di tuo nonno mi lasciò la Provvidenza
e cinque bocche da sfamare, io ero più giovan di te, e non avevo paura; ed ho fatto il
mio dovere senza brontolare; e lo faccio ancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre
sinché ci avrò gli occhi aperti, come lha fatto tuo padre, e tuo fratello Luca,
benedetto! che non ha avuto paura di andare a fare il suo dovere. Tua madre lha
fatto anche lei il suo dovere povera femminuccia, nascosta fra quelle quattro mura; e tu
non sai quante lagrime ha pianto, e quante ne piange ora che vuoi andartene; che la
mattina tua sorella trova il lenzuolo tutto fradicio! E nondimeno sta zitta e non dice di
queste cose che ti vengono in mente; e ha lavorato e si è aiutata come una povera formica
anche lei; non ha fatto altro, tutta la vita, prima che le toccasse di piangere tanto, fin
da quando ti dava la poppa, e quando non sapevi ancora abbottonarti le brache, che allora
non ti era venuta in mente la tentazione di muovere le gambe, e andartene pel mondo come
uno zingaro.
In conclusione Ntoni si mise a
piangere come un bambino, perché in fondo quel ragazzo il cuore ce laveva buono
come il pane; ma il giorno dopo tornò da capo. La mattina si lasciava caricare
svogliatamente degli arnesi, e se ne andava al mare brontolando: Tale e quale lasino
di compare Alfio! come fa giorno allungo il collo per vedere se vengono a mettermi il
basto. Dopo che avevano buttato le reti, lasciava Alessi a menare il remo adagio adagio
per non fare deviare la barca, e si metteva le mani sotto le ascelle, a guardare lontano,
dove finiva il mare, e cerano quelle grosse città dove non si faceva altro che
spassarsi e non far nulla; o pensava a quei due marinai cherano tornati di laggiù,
ed ora se nerano già andati da un pezzo; ma gli pareva che non avessero a far altro
che andar girelloni pel mondo, da unosteria allaltra, a spendere i denari che
avevano in tasca. La sera, i suoi parenti, dopo aver messo a sesto la barca e gli
attrezzi, per non vedergli quel muso lungo, lo lasciavano andare a girandolare come un
cagnaccio, senza un soldo m tasca.
- Che hai, Ntoni? gli diceva la
Longa guardandolo timidamente nel viso, cogli occhi lustri di lagrime; perché la
poveretta indovinava quel che avesse. - Dimmelo a me che son tua madre! Egli non
rispondeva; o rispondeva che non aveva niente. E infine glielo disse cosa aveva, che il
nonno e tutti gli altri ne volevano la pelle di lui, e non ne poteva più. Voleva andare a
cercarsi la fortuna, come tutti gli altri.
Sua madre lo ascoltava, e non aveva
coraggio di aprir bocca, cogli occhi pieni di lagrime, tanto gli faceva pena quello che ei
diceva, piangendo e pestando i piedi, e strappandosi i capelli. La poveretta avrebbe
voluto parlare, e buttargli le braccia al collo, e piangere anche lei per non lasciarselo
scappare; ma quando voleva dir qualche cosa, le labbra le tremavano e non poteva proferir
parola.
- Senti, disse alfine, tu te ne andrai, se
vuoi andartene, ma non mi troverai più; ché ora mi sento vecchia e stanca, e mi pare che
non potrei reggere a questaltra angustia.
Ntoni cercava di rassicurarla, che
sarebbe tornato presto, e carico di denari, e sarebbero stati allegri tutti. Maruzza
scuoteva il capo tristamente, guardandolo sempre negli occhi, e diceva dl no, di no, che
lei non lavrebbe trovata più.
- Mi sento vecchia! ripeteva, mi sento
vecchia! guardami in faccia! Ora non ho più la forza di piangere tanto, come quando mi
hanno portato la notizia di tuo padre e di tuo fratello. Se vado al lavatoio, la sera
torno a casa stanca che non ne posso più; e prima non era così. No, figlio mio, non son
più quella! Allora, quando fu di tuo padre e di tuo fratello, ero più giovane e forte.
Il cuore si stanca anche lui, vedi; e se ne va a pezzo a pezzo, come le robe vecchie si
disfanno nel bucato. Ora mi manca il coraggio, e ogni cosa mi fa paura; mi pare di bevermi
il cuore, come londa vi passa sulla testa, se siete in mare. Tu vattene, se vuoi; ma
prima lasciami chiudere gli occhi.
Ella aveva il viso tutto bagnato; ma non
saccorgeva che piangesse, e le pareva di averci davanti agli occhi suo figlio Luca,
e suo marito, quando se nerano andati e non serano più visti.
- Così non ti vedrò più! gli diceva. -
Ora la casa va vuotandosi a poco a poco; e quando se ne andrà anche quel povero vecchio
di tuo nonno, in mano di chi resteranno quei poveri orfanelli! Ah! Maria Addolorata!
Ella se lo teneva abbracciato, colla testa
sul petto, quasi il suo ragazzo volesse scapparle subito; e landava tastando sulle
spalle e per la faccia colle mani tremanti. Allora Ntoni non ne poté più, e si
mise a baciarla e a parlarle colla bocca nella bocca.
- No! no! non partirò se non volete voi!
Guardate! Non mi dite così, non mi dite! Bene, seguiterò a fare come lasino di
compare Mosca, che quando non ne può più di tirar la carretta lo butteranno a crepare in
un fosso. Siete contenta ora? Ma non piangete più così! Lo vedete il nonno come si è
arrabattato tutta la vita? ed ora che è vecchio si arrabatta ancora come se fosse il
primo giorno, a tirarsi fuori dal pantano! Ecco come siamo destinati !
- E tu credi che dei guai non ne abbiano
tutti? «Ogni buco ha il suo chiodo, chi lha vecchio e chi lha nuovo!» Guarda
padron Cipolla che corre dietro il suo Brasi, perché non vada a buttar il ben di Dio, pel
quale ha sudato e lavorato tutta la vita, nel grembiule della Vespa! E massaro Filippo,
così ricco comè, che guarda il cielo, e recita avemarie per la sua vigna ad ogni
nuvola che passa! E lo zio Crocifisso che si leva il pan di bocca per mettere da parte i
soldi, ed è sempre a litigare con questo e con quello! E tu credi che quei marinai
forestieri non abbiano i loro guai anche loro ? Chi sa se ci troveranno ancora le mamme,
quando torneranno alle loro case?...E noi, se arriviamo a ricomprare la casa del nespolo,
quando ci avremo il grano nel graticcio, e le fave per linverno, e avremo maritata
Mena, che cosa ci mancherà? Dopo che io sarò sottoterra, e quel povero vecchio sarà
morto anche lui, e Alessi potrà buscarsi il pane, allora vattene dove vuoi. Ma allora non
te ne andrai più, te lo dico io! ché lo comprenderai quello che ci avevamo tutti qua
dentro il petto, quando ti vedevamo ostinato a voler lasciare la tua casa, eppure si
continuava a fare le solite faccende senza dirti nulla! Allora non ti basterà il cuore di
lasciare il paese dove sei nato e cresciuto, e dove i tuoi morti saranno sotterrati sotto
quel marmo, davanti allaltare dellAddolorata che si è fatto liscio, tanti ci
si sono inginocchiati sopra, la domenica.
Ntoni, da quel giorno innanzi, non
parlò più di diventar ricco, e rinunziò alla partenza, ché la madre lo covava cogli
occhi, quando lo vedeva un po triste, seduto sulla soglia delluscio; e la
povera donna era davvero così pallida, stanca, e disfatta, che quel momento in cui non
aveva nulla da fare, si metteva a sedere anche lei, colle mani in mano, e il dorso di già
curvo come quello del suocero, che stringeva il cuore. Ma non sapeva che doveva partire
anche lei quando meno se lo aspettava, per un viaggio nel quale si riposa per sempre,
sotto il marmo liscio della chiesa; e doveva lasciarli tutti per via, quelli cui voleva
bene, e gli erano attaccati al cuore, che glielo strappavano a pezzetti, ora luno e
ora laltro.
A Catania cera il colèra, sicché
ognuno che potesse scappava di qua e di là, pei villaggi e le campagne vicine. Allora a
Trezza e ad Ognina, era venuta la provvidenza, con tutti quei forestieri che spendevano.
Ma i rigattieri torcevano il muso, se si parlava di vendere una dozzina di barilotti
dacciughe, e dicevano che i denari erano scomparsi, per la paura del colèra. - Che
non ne mangia più acciughe la gente? - diceva loro Piedipapera. Ma a padron Ntoni,
e a chi ne aveva da vendere, per conchiudere il negozio, diceva invece che col colèra la
gente non voleva guastarsi lo stomaco con le acciughe, e simili porcherie; piuttosto
mangiava pasta e carne; perciò bisognava chiudere gli occhi, ed essere correnti pel
prezzo. Questa non ce lavevano messa nel conto i Malavoglia! Quindi per non andare
indietro a mo dei gamberi, la Longa andava a portare le ova e il pane fresco di qua
e di là per le casine dei forestieri, mentre gli uomini erano in mare, e così si faceva
qualche soldo. Ma bisognava guardarsi bene dai cattivi incontri, e non accettare nemmeno
una presa di tabacco da chi non si conosceva! Andando per la strada bisognava camminare
nel bel mezzo, e lontano dai muri, dove si correva rischio di acchiapparsi mille
porcherie; e badare di non mettersi a sedere sui sassi, o lungo i muricciuoli. La Longa
una volta, mentre tornava da Aci Castello, col paniere al braccio, si sentì così stanca
che le gambe le tremavano, e sembrava fossero di piombo. Allora si lasciò vincere dalla
tentazione di riposare due minuti su quelle quattro pietre lisce messe in fila
allombra del caprifico che cè accanto alla cappelletta, prima dentrare
nel paese; e non si accorse, ma ci pensò dopo, che uno sconosciuto, il quale pareva
stanco anche lui, poveraccio, cera stato seduto pochi momenti prima, e aveva
lasciato sui sassi delle gocce di certa sudiceria che sembrava olio. Insomma ci cascò
anche lei, prese il colèra e tornò a casa che non ne poteva più, gialla come un voto
della Madonna, e colle occhiaie nere; talché la Mena che era sola in casa, si mise a
piangere al solo vederla, e la Lia corse a cogliere dellerba santa, e delle foglie
di malva. Mena tremava come una fronda, mentre faceva il letto; eppure lammalata,
seduta sulla scranna, stanca morta, col viso giallo e le occhiaie nere, badava a dirle: -
Non è nulla, non vi spaventate: quando mi sarò messa in letto ogni cosa passerà, - e
cercava di aiutare anche lei, ma ogni momento le mancavano le forze, e tornava a sedersi.
- Vergine santa! balbettava Mena. Vergine
santa! E gli uomini che sono in mare! - Lia si sfogava a piangere.
Mentre padron Ntoni tornava a casa
coi nipoti, e vide luscio socchiuso, e il lume dalle imposte, si mise le mani nei
capelli. Maruzza era già coricata, con certi occhi, che visti così nel buio, a
quellora, sembravano vuoti come se la morte se li avesse succhiati, e le labbra nere
al pari del carbone. In quel tempo non andavano intorno né medico né speziale dopo il
tramonto; e le vicine stesse si sprangavano gli usci, per la paura del colèra, e ci
incollavano delle immagini di santi a tutte le fessure. Perciò comare Maruzza non poté
avere altro aiuto che dei suoi, poveracci, i quali correvano per la casa come pazzi,
al vederla andarsene in tal modo, in quel lettuccio, e non sapevano che fare, e davano
della testa nelle pareti. Allora la Longa, vedendo che non cera più speranza, volle
che le mettessero sul petto quel soldo di cotone collolio santo che aveva comperato
a Pasqua, e disse pure che lasciassero la candela accesa, come quando stava per morire
padron Ntoni, ché voleva vederseli tutti davanti al letto, e saziarsi di guardarli
ad uno ad uno con quegli occhi sbarrati che non ci vedevano più. La Lia piangeva in modo
da spezzare il cuore; e tutti gli altri, bianchi come un cencio, si guardavano in faccia
quasi chiedendosi aiuto lun laltro; e si stringevano il petto per non
scoppiare a piangere davanti alla moribonda, la quale nondimeno se ne accorgeva bene,
sebbene non ci vedesse più, e nellandarsene le rincresceva di lasciare così
desolati quei poveretti. Li andava chiamando per nome ad uno ad uno, colla voce rauca; e
voleva alzare la mano, che non la poteva più muovere, per benedirli, come se sapesse dl
lasciare loro un tesoro. - Ntoni! ripeteva, colla voce che già non si sentiva più,
Ntoni! A te che sei il maggiore raccomando questi orfanelli! - E sentendola parlar
così, mentre era ancora viva, tutti gli altri non potevano trattenersi di scoppiare a
piangere e singhiozzare.
Così passarono tutta la notte davanti al
lettuccio, dove Maruzza non si muoveva più, sin quando la candela cominciò a mancare e
si spense anchessa, e lalba entrava dalla finestra, pallida come la morta, la
quale aveva il viso disfatto e affilato al pari di un coltello, e le labbra nere. Ma pure
Mena non si stancava di baciarla nella bocca, e parlarle, come se potesse sentirla.
Ntoni si picchiava il petto singhiozzando: - O mamma! che ve ne siete andata prima
di me! e volevo lasciarvi! - Alessi non se la levò più davanti agli occhi, la sua mamma,
con quei capelli bianchi, e quel viso giallo e affilato come un coltello, nemmeno quando
arrivò ad avere i capelli bianchi anche lui.
Sul tardi vennero a pigliarsi la Longa in
fretta e in furia, e nessuno pensò a fare la visita del morto; che ciascuno pensava alla
pelle, e lo stesso don Giammaria rimase sulla soglia, quando spruzzò lacqua santa
collaspersorio, tenendo raccolta e sollevata la tonaca di San Francesco, - da vero
frate egoista che era! - predicava lo speziale. Lui invece, se gli avessero portato la
ricetta del medico per qualche medicina, avrebbe aperto la spezieria anche di notte, che
non aveva paura del colèra; e diceva pure che era una minchioneria di credere che il
colèra lo buttassero per le strade e dietro gli usci. - Segno che è lui che sparge il
colèra! - andava soffiando don Giammaria. Per questo nel paese volevano fargli la festa
allo speziale; ma lui si metteva a ridere come una gallina, preciso come faceva don
Silvestro, e diceva: - Io che sono repubblicano! Se fossi un impiegato, o qualcuno di
quelli che fanno i tirapiedi al Governo, non direi!... - Ma i Malavoglia rimasero soli,
davanti a quel lettuccio vuoto.
Per un pezzo non aprirono più
luscio, dopo che nera uscita la Longa. Fortuna che ci avevano in casa le fave,
la legna e lolio, perché padron Ntoni aveva fatto come la formica nel buon
tempo, se no morivano di fame, e nessuno andava a vedere se erano morti o vivi. Poi, a
poco a poco, cominciarono a mettersi il fazzoletto nero al collo, e ad uscire nella
strada, come le lumache dopo il temporale, colla faccia pallida e ancora sbalorditi. Le
comari da lontano domandavano come fosse accaduta la disgrazia; ché comare Maruzza
cera capitata una delle prime. E quando passava don Michele o qualcun altro di
quelli che mangiavano il pane del re, e portavano il berretto col gallone, li guardavano
cogli occhi lustri, e correvano a chiudersi in casa. Nel paese era un gran squallore, e
per le strade non si vedevano nemmeno le galline; persino mastro Cirino non si faceva più
vivo, e lasciava stare di suonare mezzogiorno e lavemaria, ché mangiava il pane del
Comune anche lui, per quei dodici tarì al mese che gli davano di bidello comunale, e
temeva che gli facessero la festa come tirapiedi del Governo.
Adesso don Michele era padrone della
strada, dacché Pizzuto, don Silvestro, e tutti gli altri, erano andati a rintanarsi come
conigli, e non cera che lui a passeggiare davanti alluscio chiuso della
Zuppidda. Peccato che lo vedessero soltanto i Malavoglia, i quali adesso non avevano più
nulla da perdere, e perciò se ne stavano a vedere chi passava, seduti sulla soglia,
immobili, e col mento in mano. Don Michele per non perdere la sua gita, guardava la
SantAgata, ora che tutti gli altri usci erano chiusi; e lo faceva anche per far
vedere a quel ragazzaccio di Ntoni che lui non aveva paura di nessuno al mondo. E
poi la Mena, così pallida, pareva tutta SantAgata davvero; e la sorellina, con quel
fazzolettino nero, cominciava a farsi una bella ragazzina anche lei.
Alla povera Mena pareva che tutta un
tratto le fossero caduti venti anni sulla schiena. Adesso faceva colla Lia come la Longa
aveva fatto con lei; le pareva di doversela tenere sotto le ali come una chioccia, e di
averci tutta la casa sulle spalle. Sera abituata a rimaner sola colla sorellina,
quando gli uomini andavano in mare, e a stare con quel lettuccio vuoto sempre dinanzi agli
occhi. Se non aveva nulla da fare, si metteva a sedere colle mani in mano, guardando quel
lettuccio vuoto, e allora sentiva che la mamma laveva lasciata davvero; e quando
dicevano nella strada: - E morta la tale; è morta la talaltra; pensava: - Anche
così hanno sentito dire - E morta la Longa! - la quale laveva lasciata sola con
quella povera orfanella che aveva il fazzoletto nero come lei.
La Nunziata, o la cugina Anna, venivano di
tanto in tanto, col passo leggero e il viso lungo, senza dir nulla; e si mettevano sulla
porta a guardar la strada deserta, colle mani sotto il grembiule. Quelli che tornavano dal
mare andavano in fretta, guardinghi, colle reti in collo, e i carri non si fermavano
nemmeno allosteria.
Chissà dove andava il carro di compar
Alfio? e se in quel momento moriva di colèra buttato dietro una siepe, quel poveretto che
non ci aveva nessuno al mondo? Passava anche qualche volta Piedipapera, con una faccia di
affamato, guardandosi intorno; o lo zio Crocifisso, che ci aveva la sua roba di qua e di
là, e andava a toccare il polso ai suoi debitori, ché se morivano gli rubavano il
debito. Il viatico andava anchesso di fretta, nelle mani di don Giammaria, colla
sottana rimboccata, e un ragazzo scalzo che suonava il campanello, perché mastro Cirino
non si vedea più. Quel campanello, nelle strade deserte, dove non passava nemmeno un
cane, e perfino don Franco teneva chiusa metà della sua porta, faceva stringere il cuore.
La sola persona che si vedesse andare di
qua e di là giorno e notte, era la Locca, coi capelli bianchi e arruffati, che si metteva
a sedere davanti alla casa del nespolo, o aspettava le barche alla riva, e nemmeno il
colèra la voleva, poveretta.
I forestieri erano fuggiti anchessi,
come gli uccelli quando viene linverno; e il pesce non trovava chi lo comprasse.
Sicché diceva ciascuno: - Dopo il colèra verrà la fame. Padron Ntoni avea dovuto
metter mano ai denari della casa, e li vedeva assottigliare a soldo a soldo. Ma ei non
pensava ad altro se non che Maruzza era morta fuori della sua casa, e cotesto non gli
poteva uscir di mente. - Ntoni come vedeva spendere i denari tentennava il capo
anche lui.
Finalmente, quando il colèra finì, e dei
denari raccolti con tanto stento ne restarono appena la metà, tornò a dire che così non
poteva durare a quella vita, di fare e disfare; che era meglio di tentare un colpo solo
per levarsi dai guai tutti in una volta, e che là, dove era morta sua madre in mezzo a
tutta quella porca miseria, non voleva più starci.
- Non ti rammenti che tua madre ti ha
raccomandato la Mena? gli diceva padron Ntoni.
- Che aiuto posso darci alla Mena se resto
qui? ditelo voi!
Mena lo guardò cogli occhi timidi, ma
dove ci si vedeva il cuore, tale e quale come sua madre, e non osava proferir parola. Ma
una volta, stringendosi allo stipite delluscio, si fece coraggio per dirgli:
- A me non me ne importa dellaiuto,
purché tu non ci lasci soli. Ora che non cè più la mamma mi sento come un pesce
fuori dellacqua, e non mimporta più di niente. Ma mi dispiace per
quellorfanella che resta senza nessuno al mondo, se tu vai, come la Nunziata quando
lè partito il padre.
- No! diceva Ntoni, no! Io non posso
aiutarti se non ho nulla. Il proverbio dice «aiutati che taiuto». Quando avrò
guadagnato dei denari anchio, allora tornerò, e staremo allegri tutti.
La Lia e Alessi spalancavano gli occhi, e
lo guardavano sbigottiti; ma il nonno si lasciava cadere la testa sul petto. - Ora non hai
più né padre né madre, e puoi fare quello che ti pare e piace, gli disse alfine. -
Finché vivrò a quei ragazzi ci penserò io, quando non ci sarò più, il Signore farà
il resto.
La Mena, poiché Ntoni voleva
andarsene a ogni costo, gli metteva in ordine tutta la roba, come avrebbe fatto la mamma,
e pensava che laggiù, in paese forestiero, suo fratello non avrebbe avuto più nessuno
che pensasse a lui, come compare Alfio Mosca. E mentre gli cuciva le camicie, e gli
rattoppava i panni, la testa correva lontano lontano, a tante cose passate, che il cuore
ne era tutto gonfio.
- Dalla casa del nespolo non posso
passarci più - diceva quando stava a sedere accanto al nonno, - me la sento nella gola, e
mi soffoca, dopo tante cose che sono avvenute dacché labbiamo lasciata!
E mentre preparava la roba del fratello,
piangeva come se non dovesse vederlo più. Infine, quando ogni cosa fu in ordine, il nonno
chiamò il suo ragazzo per fargli lultima predica, e dargli gli ultimi consigli per
quando sarebbe stato solo, che avrebbe dovuto far capitale soltanto della sua testa, e non
avrebbe avuti accanto i suoi di casa per dirgli come doveva fare, o per disperarsi
insieme, e gli diede anche un po di denaro, caso mai ne avesse bisogno, e il suo
tabarro foderato di pelle, che ormai lui era vecchio, e non gli serviva più.
I ragazzi, vedendo il fratello maggiore
affaccendarsi nei preparativi della partenza, gli andavano dietro pian piano per la casa,
e non osavano dirgli più nulla, come fosse diggià un estraneo.
- Così se ne è andato mio padre, - disse
infine la Nunziata la quale era andata a dirgli addio anche lei, e stava sulluscio.
Nessuno allora parlò più.
Le vicine venivano ad una ad una a
salutare compare Ntoni, e poi stettero ad aspettarlo sulla strada per vederlo
partire. Egli indugiava col fagotto sulle spalle, e le scarpe in mano, come
allultimo momento gli fossero venuti meno il cuore e le gambe tutta un tratto.
E guardava di qua e di là per stamparsi la casa e il paese, ogni cosa in mente, e aveva
la faccia sconvolta come gli altri. Il nonno prese il suo bastone per accompagnarlo sino
alla città, e la Mena in un cantuccio piangeva cheta cheta. - Via! dicava Ntoni,
orsù, via! Vado per tornare alla fin fine! e sono tornato unaltra volta da soldato.
- Poi, dopo chebbe baciata Mena e la Lia, e salutate le comari, si mosse per
andarsene, e Mena gli corse dietro colle braccia aperte singhiozzando ad alta voce, quasi
fuori di sé, e dicendogli: - Ora che dirà la mamma? ora che dirà la mamma? - Come se la
mamma avesse potuto vedere e parlare. Ma ripeteva quello che le era rimasto più fitto
nella mente, quando Ntoni aveva detto unaltra volta di volere andarsene, e
aveva vista la mamma piangere ogni notte che allindomani trovava il lenzuolo tutto
fradicio, nel rifare il letto.
- Addio, Ntoni! gli gridò dietro
Alessi facendosi coraggio, come il fratello era già lontano; e allora la Lia cominciò a
strillare. - Così se nè andato mio padre, disse infine la Nunziata, la quale era
rimasta sulla porta.
Ntoni si voltò prima di scantonare
dalla strada del Nero, cogli occhi lagrimosi anche lui, e fece un saluto colla mano. Mena
allora chiuse luscio, e andò a sedersi in un angolo insieme alla Lia, la quale
piangeva a voce alta. - Ora ne manca un altro della casa! disse lei. E se fossimo nella
casa del nespolo parrebbe vuota come una chiesa.
Come se ne andavano ad uno ad uno tutti
quelli che le volevano bene, ella si sentiva davvero un pesce fuori dellacqua. E la
Nunziata, là presente, colle sue piccine in collo, tornava a dire: - Così se ne è
andato mio padre.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi - E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 11 febbraio 1998