Giovanni Verga
I Malavoglia
Capitolo X
Ntoni andava a spasso sul mare
tutti i santi giorni, e gli toccava camminare coi remi, logorandosi la schiena. Però
quando il mare era cattivo, e voleva inghiottirseli in un boccone, loro, la Provvidenza
e ogni cosa, quel ragazzo aveva il cuore più grande del mare.
Il sangue dei Malavoglia! diceva il nonno;
e bisognava vederlo alla manovra, coi capelli che gli fischiavano al vento, mentre la
barca saltava sui marosi come un cefalo in amore.
La Provvidenza si avventurava
spesso al largo, così vecchia e rattoppata comera, per amore di quel po di
pesca, ora che nel paese cerano tante barche che spazzavano il mare colla scopa.
Anche in quei giorni in cui le nuvole erano basse, verso Agnone, e lorizzonte tutto
irto di punte nere al levante, si vedeva sempre la vela della Provvidenza come un
fazzoletto da naso, lontano lontano nel mare color di piombo, e ognuno diceva che quelli
di padron Ntoni andavano a cercarsi i guai col candeliere.
Padron Ntoni rispondeva che andava a
cercarsi il pane, e quando i sugheri scomparivano ad uno ad uno, nel mare largo che era
verde come lerba, e le casucce di Trezza sembravano una macchia bianca, tanto erano
lontane, e intorno a loro non cera che acqua, si metteva a chiacchierare coi nipoti
dalla contentezza, che poi alla sera la Longa e tutti gli altri li avrebbero aspettati
sulla riva, quando vedevano la vela far capolino tra i fariglioni, e sarebbero stati a
guardare anche loro la pesca che saltellava nelle nasse e riempiva il fondo della barca
come fosse dargento; e padron Ntoni soleva rispondere prima che nessuno avesse
aperto bocca - Un quintale, o un quintale e venticinque - che non si sarebbe sbagliato di
un rotolo; e poi se ne parlava tutta la sera, mentre le donne pestavano il sale fra i
ciottoli, e quando contavano i barilotti ad uno ad uno, e lo zio Crocifisso veniva a
vedere quel che avevano fatto, per gettare la sua offerta a occhi chiusi, e Piedipapera
gridava e bestemmiava per dire il prezzo giusto, che allora facevano piacere le
grida di Piedipapera, già a questo mondo non bisogna restare in collera colla gente, e la
Longa poi si contava a soldo a soldo davanti al suocero i denari che portava Piedipapera
nel fazzoletto, e diceva: - Questi sono per la casa! Questi altri sono per la spesa. La
Mena aiutava anchessa a pestare il sale, e a mettere in ordine i barilotti, e ci
aveva unaltra volta la veste turchina e la collana di corallo che avevano dovuto
dare in pegno allo zio Crocifisso; ora le donne potevano tornare ad andare alla messa del
paese, che se qualche giovinotto gettava gli occhi sulla Mena, gliela stavano facendo, la
sua dote.
- Per me, diceva Ntoni, menando il
remo adagio adagio perché la corrente non li facesse deviare dal cerchio delle reti,
mentre il nonno pensava a tutte quelle cose: - per me desidero questo soltanto, che quella
carogna della Barbara sabbia a mangiare i gomiti quando ci avremo il fatto nostro
anche noi, e sabbia a pentire davermi chiusa la porta in faccia.
- «Il buon pilota si conosce alle
burrasche»; rispondeva il vecchio. Quando saremo unaltra volta quel che siamo
sempre stati, ognuno ci farà buon viso, e torneranno ad aprirci la porta.
- Chi non ce lha chiusa in faccia,
aggiunse Alessi, è stata la Nunziata, ed anche la cugina Anna.
- «Carcere, malattie e necessità, si
conosce lamistà». Per questo il Signore le aiuta, costoro, con tutte quelle bocche
che hanno in casa.
- Quando la Nunziata va a far legna nella sciara,
o il fagotto della tela è troppo pesante per lei, laiuto anchio, poveretta,
disse Alessi.
- Adesso aiuta a tirare da questa parte,
ché San Francesco stavolta ha mandata la grazia di Dio! Il ragazzo tirava e puntava i
piedi, e sbuffava che pareva facesse tutto lui. Intanto Ntoni cantava, sdraiato
sulla pedagna e colle braccia sotto il capo a veder volare i gabbiani bianchi sul cielo
turchino che non finiva mai, e la Provvidenza si dondolava sulle onde verdi, che
venivano da lontano lontano fin dove arrivava la vista.
- Che vuol dire che il mare ora è verde,
ed ora è turchino, e unaltra volta è bianco, e poi nero come la sciara, e
non è sempre di un colore come dellacqua che è? chiese Alessi.
- È la volontà di Dio, rispose il nonno,
così il marinaio sa quando può mettersi in mare senza timore, e quando è meglio non
andarci.
- Quei gabbiani hanno una bella sorte, che
volano sempre in alto, e non hanno paura delle ondate, se il mare è in tempesta.
- Allora non hanno da mangiare nemmeno
loro, povere bestiole.
- Dunque tutti hanno bisogno del bel
tempo, tale e quale come la Nunziata che non può andare alla fontana se piove, conchiuse
Alessi.
- «Buon tempo e mal tempo non dura tutto
il tempo!», osservò il vecchio.
Ma quando era mal tempo, o che soffiava il
maestrale, e i sugheri ballavano sullacqua tutto il giorno, come se ci fosse chi
suonava il violino, o il mare era bianco al pari del latte, o crespo che sembrava che
bollisse, e la pioggia si rovesciava sino a sera sulle loro spalle che non ci erano
cappotti che bastassero, e il mare friggeva tutto intorno come il pesce nella padella,
allora era un altro par di maniche, e Ntoni non aveva voglia di cantare, col
cappuccio sul naso, e gli toccava vuotare dallacqua la Provvidenza, che non
si finiva più, e il nonno badava a ripetere: «Mare bianco, scirocco in campo» o «mare
crespo, vento fresco» come se fossero là per imparare i proverbi; e con quei benedetti
proverbi, mentre la sera stava a guardare il tempo dalla finestra col naso in aria, diceva
pure: «Quando la luna è rossa fa vento, quando è chiara vuol dir sereno; quando è
pallida, pioverà».
- Se lo sapete che pioverà perché
torniamo ad andare in mare oggi? gli diceva Ntoni. Non era meglio restarci in letto
un altro par dore?
- «Acqua di cielo, e sardelle alle
reti!» rispondeva il vecchio.
Ntoni si dava lanima al
diavolo, collacqua a mezza gamba. - Stasera, gli diceva il nonno, la Maruzza ci
farà trovare una bella fiammata e ci asciugheremo tutti.
E la sera, sullimbrunire, come la Provvidenza,
colla pancia piena di grazia di Dio, tornava a casa, che la vela si gonfiava come la
gonnella di donna Rosolina, e i lumi delle case ammiccavano ad uno ad uno dietro i
fariglioni neri, e pareva che si chiamassero lun laltro, padron Ntoni
mostrava ai suoi ragazzi il bel fuoco che fiammeggiava nella cucina della Longa, in fondo
al cortiletto della straduccia del Nero, che cera il muro basso e dal mare si vedeva
tutta la casa, colle quattro tegole sotto cui si appollaiavano le galline, e il forno
dallaltro lato della porta. - Lo vedete che la Longa ce lha fatta trovare la
fiammata! - diceva tutto giulivo; e la Longa li aspettava sulla riva colle ceste pronte,
che quando dovevano riportarsele indietro vuote non avevano voglia di ciarlare, ma invece
se le ceste non bastavano, e Alessi doveva correre a casa a prenderne delle altre, il
nonno si metteva le mani alla bocca per chiamare - Mena! oh Mena! - E Mena sapeva cosa
voleva dire, e venivano tutti in processione, lei, la Lia, ed anche la Nunziata, con tutti
i suoi pulcini dietro; allora era una festa, né si badava più al freddo, o alla pioggia,
e davanti alla fiammata stavano a chiacchierare sino a tardi della grazia di Dio che aveva
mandato San Francesco, e quel che si sarebbe fatto dei denari.
Ma a quel giuoco da disperati si
arrischiava la vita per qualche rotolo di pesce, e una volta i Malavoglia furono a un pelo
di rimettercela tutti la pelle, per amor del guadagno, come Bastianazzo, mentre erano
allaltezza dellAgnone, verso sera, e il cielo era tanto fosco che non si
vedeva più neppure lEtna, e il vento soffiava a ondate che pareva avesse la parola.
- Brutto tempo! diceva padron Ntoni.
Il vento oggi gira peggio della testa di una fraschetta, e il mare ha la faccia come
quella di Piedipapera quando vuol farvi qualche brutto tiro.
Il mare era del color della sciara,
sebbene il sole non fosse ancora tramontato, e di tratto in tratto bolliva
tuttintorno come una pentola.
- Adesso i gabbiani devono essere tutti a
dormire: osservò Alessi.
- A questora avrebbero dovuto
accendere il faro di Catania, disse Ntoni, ma non si vede niente.
- Tieni sempre la sbarra a greco, Alessi,
ordinò il nonno, fra mezzora non ci si vedrà più, peggio di essere in un forno.
- Con questa brutta sera e sarebbe
meglio trovarsi allosteria della Santuzza.
- O coricato nel tuo letto a dormire, non
è vero? rispose il nonno; allora dovevi fare il segretario, come don Silvestro.
Il povero vecchio aveva abbaiato tutto il
giorno pei suoi dolori. - È il tempo che muta! diceva lui, lo sento nelle ossa io.
Tutta un tratto si era fatto oscuro
che non ci si vedeva più neanche a bestemmiare. Soltanto le onde, quando passavano vicino
alla Provvidenza, luccicavano come avessero gli occhi e volessero mangiarsela; e
nessuno osava dire più una parola, in mezzo al mare che muggiva fin dove cera
acqua.
- Ho in testa, disse a un tratto
Ntoni, che stasera dovremo dare al diavolo la pesca che abbiamo fatta.
- Taci! gli disse il nonno, e la sua voce
li fece diventare tutti piccini piccini sul banco doverano.
Si udiva il vento sibilare nella vela
della Provvidenza e la fune che suonava come una corda di chitarra.
Allimprovviso il vento si mise a fischiare al pari della macchina della ferrovia,
quando esce dal buco del monte, sopra Trezza, e arrivò unondata che non si era
vista da dove fosse venuta, la quale fece scricchiolare la Provvidenza come un
sacco di noci, e la buttò in aria.
- Giù la vela! giù la vela! gridò
padron Ntoni. Taglia! taglia subito!
Ntoni, col coltello fra i denti,
sera abbrancato come un gatto allantenna e ritto sulla sponda per far
contrappeso, si lasciò spenzolare sul mare che gli urlava sotto e se lo voleva mangiare.
- Tienti forte; tienti forte! g]i gridava
il nonno in quel fracasso delle onde che lo volevano strappare di là, e buttavano in aria
la Provvidenza e ogni cosa e facevano piegare la barca tutta di un lato, che dentro
ci avevano lacqua sino ai ginocchi. - Taglia! taglia! ripeteva il nonno.
- Sacramento! esclamò Ntoni. Se
taglio, come faremo poi quando avremo bisogno della vela?
- Non dire sacramento! che ora siamo nelle
mani di Dio!
Alessi sera aggrappato al timone, e
alludire quelle parole del nonno comincio a strillare: - Mamma! mamma mia!
- Taci! gli gridò il fratello col
coltello fra i denti. Taci o ti assesto una pedata!
- Fatti la croce, e taci! ripeté il
nonno. Sicché il ragazzo non osò fiatare più.
Ad un tratto ]a vela cadde tutta di un
pezzo, tanto era tesa, e Ntoni la raccolse in un lampo e lammainò stretta.
- Il mestiere lo sai come tuo padre, gli
disse il nonno, e sei Malavoglia anche tu.
La barca si raddrizzò e fece prima un
gran salto; poi seguitò a far capriole sulle onde.
- Dà qua il timone; ora ci vuole la mano
ferma! disse padron Ntoni; e malgrado che il ragazzo ci si fosse aggrappato come un
gatto anche lui, arrivavano certe ondate che facevano sbattere il petto contro la
manovella a tutte due.
- Il remo! gridò Ntoni, forza nel
tuo remo, Alessi! che a mangiare sei buono anche tu. Adesso i remi valgono meglio del
timone.
La barca scricchiolava sotto lo sforzo
poderoso di quel paio di braccia. E Alessi ritto contro la pedagna, ci dava lanima
sui remi come poteva, anche lui.
- Tienti fermo! gli gridò il nonno che
appena si sentiva da un capo allaltro della barca, nel fischiare del vento. - Tienti
fermo, Alessi!
- Sì, nonno, sì! rispose il ragazzo.
- Che hai paura? gli disse Ntoni.
- No, rispose il nonno per lui. Soltanto
raccomandiamoci a Dio.
- Santo diavolone! esclamò Ntoni
col petto ansante, qui ci vorrebbero le braccia di ferro come la macchina del vapore. Il
mare ci vince.
Il nonno si tacque e stettero ad ascoltare
la burrasca.
- La mamma adesso devessere sulla
riva a vedere se torniamo; disse poi Alessi.
- Ora lascia stare la mamma, aggiunse il
nonno, è meglio non ci pensare.
- Adesso dove siamo? domandò Ntoni
dopo un altro bel pezzo, col fiato ai denti dalla stanchezza.
- Nelle mani di Dio, rispose il nonno.
- Allora lasciatemi piangere! esclamò
Alessi che non ne poteva più. E si mise a strillare e a chiamare la mamma ad alta voce,
in mezzo al rumore del vento e del mare; né alcuno oso sgridarlo più.
- Hai un bel cantare, ma nessuno ti sente,
ed è meglio starti cheto, gli disse infine il fratello con la voce mutata che non si
conosceva più nemmeno lui. Sta zitto, che adesso non è bene far così, né per te né
per gli altri.
- La vela! ordinò padron Ntoni; il
timone al vento verso greco, e poi alla volontà di Dio.
Il vento contrastava forte la manovra, ma
in cinque minuti la vela fu spiegata, e la Provvidenza cominciò a balzare sulla
cima delle onde, piegata da un lato come un uccello ferito. I Malavoglia si tenevano tutti
da un lato, afferrati alla sponda; in quel momento nessuno fiatava, perché quando il mare
parla in quel modo non si ha coraggio di aprire bocca.
Padron Ntoni disse soltanto: - A
questora laggiù dicono il rosario per noi.
E non aggiunsero altro, correndo col vento
e colle onde, nella notte che era venuta tutta un tratto nera come la pece.
- Il fanale del molo, - gridò
Ntoni, - lo vedete?
- A dritta! gridò Ntoni, a dritta!
Non e il fanale del molo. Andiamo sugli scogli. Serra! serra!
- Non posso serrare! rispose Ntoni
colla voce soffocata dalla tempesta e dallo sforzo, la scotta è bagnata. Il coltello,
Alessi, il coltello.
- Taglia, taglia, presto.
In questo momento sudì uno
schianto: la Provvidenza, che prima si era curvata su di un fianco, si rilevò come
una molla, e per poco non sbalzò tutti in mare; lantenna insieme alla vela cadde
sulla barca, rotta come un filo di paglia. Allora si udì una voce che gridava: Ahi! come
di uno che stesse per morire.
- Chi è? chi è che grida? domandava
Ntoni, aiutandosi coi denti e col coltello a tagliare le rilinghe della vela, la
quale era caduta collantenna sulla barca e copriva ogni cosa. Ad un tratto un colpo
di vento la strappò netta e se la porto via sibilando. Allora i due fratelli poterono
sbrogliare del tutto il troncone dellantenna e buttarlo in mare. La barca si
raddrizzò, ma padron Ntoni non si raddrizzò, lui, e non rispondeva più a
Ntoni che lo chiamava. Ora, quando il mare e il vento gridano insieme, non cè
cosa che faccia più paura del non udirsi rispondere alla voce che chiama. - Nonno, nonno!
gridava anche Alessi, e al non udir più nulla, i capelli si rizzarono in capo, come
fossero vivi, ai due fratelli. La notte era così nera che non si vedeva da un capo
allaltro della Provvidenza, tanto che Alessi non piangeva più dal terrore.
Il nonno era disteso in fondo alla barca, colla testa rotta. Ntoni finalmente lo
trovo tastoni e gli parve che fosse morto, perché non fiatava e non si muoveva affatto.
La stanga del timone urtava di qua e di là, mentre la barca saltava in aria e si
inabissava.
- Ah, san Francesco di Paola! Ah! san
Francesco benedetto! strillavano i due ragazzi, ora che non sapevano più che fare.
San Francesco misericordioso li udì,
mentre andava per la burrasca in soccorso dei suoi devoti, e stese il suo mantello sotto
la Provvidenza, giusto quando stava per spaccarsi come un guscio di noce sullo scoglio
dei colombi, sotto la guardiola della dogana. La barca saltò come un puledro sullo
scoglio, e venne a cadere in secco, col naso in giù. - Coraggio, coraggio! gridavano loro
le guardie dalla riva, e correvano qua e là colle lanterne a gettare delle corde. - Siam
qui noi! fatevi animo! - Finalmente una delle corde venne a cadere a traverso della Provvidenza,
la quale tremava come una foglia, e batté giusto sulla faccia a Ntoni peggio di un
colpo di frusta, ma in quel momento gli parve meglio di una carezza.
- A me! a me! gridò afferrando la fune
che scorreva rapidamente e gli voleva scivolare dalle mani. Alessi vi si aggrappò anche
lui con tutte le sue forze, e così riescirono ad avvolgerla due o tre volte alla sbarra
del timone, e le guardie doganali li tirarono a riva.
Padron Ntoni però non dava più
segno di vita, e allorché accostarono la lanterna si vide che aveva la faccia sporca di
sangue, sicché tutti lo credettero morto, e i nipoti si strappavano i capelli. Ma dopo un
paio dore arrivò correndo don Michele, Rocco Spatu, Vanni Pizzuto, e tutti gli
sfaccendati che erano allosteria quando giunse la notizia, e collacqua fresca
e le fregagioni gli fecero riaprir gli occhi. Il povero vecchio, come seppe dove si
trovava, che ci voleva meno di unora per arrivare a Trezza, disse che lo portassero
a casa su di una scala.
Maruzza, Mena, e le vicine, che
strillavano sulla piazza e si battevano il petto, lo videro arrivare in tal modo, disteso
sulla scala, e colla faccia bianca, come un morto.
- Niente! niente! - andava assicurando don
Michele in capo alla folla, - una cosa da nulla! - e corse dallo speziale per laceto
dei sette ladri. Don Franco venne in persona tenendo colle due mani la boccetta, e
accorsero anche Piedipapera, comare Grazia, i Zuppiddi, padron Cipolla e tutto il
vicinato, nella strada del Nero, ché in quelle occasioni si mette un sasso su ogni
quistione, ed era venuta anche la Locca, la quale andava sempre dove cera folla,
quando sentiva del brusìo pel paese, di notte o di giorno, quasi non chiudesse più gli
occhi, e aspettasse sempre il suo Menico. Sicché la gente si accalcava nella
stradicciuola davanti alla casa dei Malavoglia, come se ci fosse il morto, tanto che la
cugina Anna dovette chiuder luscio sul mostaccio a tutti.
- Lasciatemi entrare! gridava la Nunziata
picchiando coi pugni sulluscio, che era accorsa mezzo svestita. Lasciatemi vedere
cosè successo da comare Maruzza!
- Allora era inutile mandarci per la
scala, che dopo non ci lasciano entrare in casa per vedere cosè! strepitava il
figlio della Locca.
La Zuppidda e la Mangiacarrubbe avevano
dimenticato tutti gli improperi che si erano detti, e cianciavano davanti alla porta,
colle mani sotto il grembiule. - Già quel mestiere lì è fatto in tal modo, e si finisce
col lasciarci la pelle. Una che mariti la figlia con gente di mare, diceva la Zuppidda, un
giorno o laltro se la vede tornare a casa vedova, e cogli orfani per giunta, ché se
non fosse stato per don Michele, dei Malavoglia quella notte non restava nemmeno la
semenza. Il meglio era fare come quelli che non fanno nulla, e si guadagnano la loro
giornata egualmente, come don Michele, a mo desempio, il quale era grasso e
grosso meglio di un canonico, e andava sempre vestito di panno, e si mangiava mezzo paese,
e tutti lo lisciavano; anche lo speziale, il quale voleva mangiarsi il re, gli faceva
tanto di cappello, col cappellaccio nero.
- Non è nulla, venne a dire don Franco,
gli abbiamo fatta la fasciatura; ma se non viene la febbre, se ne va.
Piedipapera volle andare a vedere anche
lui, perché era di casa, e padron Fortunato, e chi daltri poté entrare, a furia di
gomitate.
- La faccia non mi piace niente affatto!
sentenziava padron Cipolla, scrollando il capo; come vi sentite, compare Ntoni?
- Per questo padron Fortunato non gli ha
voluto dare il figlio alla SantAgata, diceva intanto la Zuppidda, che lavevano
lasciata sulla porta. Ha il naso fine quellomaccio!
E la Vespa aggiungeva:
- «Chi ha roba in mare non ha nulla.» Ci
vuole la terra al sole, ci vuole.
- Che notte è venuta pei Malavoglia!
esclamava comare Piedipapera.
- Avete visto, che tutte le disgrazie in
questa casa arrivano di notte? osservò padron Cipolla, uscendo dalla casa con don Franco
e compare Tino.
- Per buscarsi un pezzo di pane,
poveretti! aggiungeva comare Grazia.
Per due o tre giorni padron Ntoni fu
più di là che di qua. La febbre era venuta, come aveva detto lo speziale, ma era venuta
così forte che stava per portarsi via il malato. Il poveraccio non si lagnava più, nel
suo cantuccio, colla testa fasciata e la barba lunga. Aveva solo una gran sete, e quando
Mena o la Longa gli davano da bere afferrava il boccale con le mani tremanti, che pareva
volessero rubarglielo.
Don Ciccio veniva la mattina, medicava il
ferito, gli tastava il polso, voleva vedere la lingua, e poi se ne andava scrollando il
capo.
Una notte persino lasciarono accesa la
candela, quando don Ciccio aveva dimenato il capo più forte; la Longa ci aveva messo
accanto limmagine della Madonna, e dicevano il rosario davanti al letto del malato,
il quale non fiatava più e non voleva nemmeno dellacqua, e nessuno andò a dormire,
tanto che la Lia si rompeva le mascelle dallo sbadigliare, pel gran sonno. Nella casa
cera un silenzio di malaugurio, sicché i carri passando per la strada facevano
ballare i bicchieri sulla tavola, e trasalire coloro che stavano a vegliare il malato;
così passò anche tutta la giornata, e le vicine stavano sulla porta, cianciando a voce
bassa fra di loro, e guardando pel vano delluscio cosa succedeva. Verso sera padron
Ntoni volle vedere tutti i suoi ad uno ad uno, cogli occhi spenti, e domandava cosa
aveva detto il medico. Ntoni era accanto al capezzale e piangeva come un ragazzo,
ché il cuore laveva buono, quel giovane.
- Non piangere così! gli diceva il nonno.
Non piangere. Ora tu sei il capo della casa. Pensa che ci hai tutti gli altri sulle
spalle, e fa come ho fatto io.
Le donne si mettevano a gridare colle mani
nei capelli, udendo discorrere a quel modo, persino la piccola Lia, giacché le donne non
hanno giudizio in quelle circostanze, e non si accorgevano che il poveretto si turbava in
volto al vederle disperarsi, come se stesse per morire. Ma egli continuava con voce fioca:
- Non fate tante spese quando non ci sarò più. Il Signore lo sa che non possiamo
sperdere, e si contenterà del rosario che mi diranno Maruzza e la Mena. Tu, Mena, fai
sempre come ha fatto tua madre, che è stata una santa donna, e dei guai ne ha visti anche
lei; e ti terrai sotto le ali tua sorella, come fa la chioccia coi suoi pulcini. Finché
vi aiuterete lun laltro, i guai vi parranno meno gravi. Ora Ntoni è
grande, e presto Alessi sarà in grado di aiutarvi anche lui.
- Non dite così! supplicavano le donne
singhiozzando, come se egli avesse voluto andarsene di sua volontà. - Per carità non
dite così. Egli scuoteva il capo tristamente, e rispondeva:
- Adesso che vi ho detto quello che volevo
dirvi, non me ne importa. Io sono vecchio. Quando non cè più olio il lume si
spegne. Ora voltatemi dallaltra parte che sono stanco.
Più tardi chiamò ancora Ntoni, e
gli disse:
- Non la vendete la Provvidenza,
così vecchia come è, se no sarete costretti ad andare a giornata, e non sapete
comè dura, quando padron Cipolla o lo zio Cola vi dicono: - Non ho bisogno di uno
per lunedì. - E questaltra cosa voglio dire a te, Ntoni, che quando avrete
messo insieme qualche soldo, dovete maritare prima la Mena, e darle uno del mestiere che
faceva suo padre, e che sia un buon figliuolo; e voglio dirti anche che quando avrete
maritato pure la Lia, se fate dei risparmi metteteli da parte e ricomperate la casa del
nespolo. Lo zio Crocifisso ve la venderà, se ci avrà il suo guadagno, perché è stata
sempre dei Malavoglia, e di là sono partiti vostro padre e la buonanima di Luca.
- Sì! nonno! sì! prometteva Ntoni
piangendo. Alessi ascoltava anche lui, serio serio come fosse già un uomo.
Le donne credevano che il malato avesse il
delirio, udendolo chiacchierare e chiacchierare, e gli mettevano delle pezze bagnate sulla
fronte. - No, diceva padron Ntoni, sono in sensi. Voglio finire tutto quel che devo
dirvi prima di andarmene.
Intanto cominciavano ad udirsi i pescatori
che si chiamavano da un uscio allaltro, e i carri cominciavano a passare di nuovo
per la via. - Fra due ore sarà giorno, disse padron Ntoni, e potrete andare a
chiamare don Giammaria.
Quei poveretti aspettavano il giorno come
il Messia, e andavano ogni momento a socchiudere la finestra per veder se spuntasse
lalba. Finalmente la stanzuccia cominciò a farsi bianca, e padron Ntoni
tornò a dire: - Ora chiamatemi il prete, che voglio confessarmi.
Don Giammaria venne quando il sole era
già alto, e tutte le vicine, come udirono il campanello per la stradicciuola del Nero,
accorrevano a vedere il viatico che andava dai Malavoglia, ed entravano tutte, perché
dove va il Signore non si può chiudere luscio in faccia alla gente, tanto che quei
poveretti al vedersi la casa piena non osavano nemmeno piangere e disperarsi, mentre don
Giammaria borbottava fra i denti, e mastro Cirino gli metteva il cero sotto il naso al
malato, giallo e stecchito come un altro cero anche lui.
- E sembra il patriarca San Giuseppe
addirittura, su quel letto e con quella barba lunga! beato lui! esclamava la Santuzza, che
piantava i boccali e ogni cosa, e andava sempre dove sentiva il Signore - come una
cornacchia! - diceva lo speziale.
Don Ciccio arrivò che cera ancora
il vicario collolio santo, tanto che voleva voltare la briglia dellasinello e
tornarsene indietro. - Chi vi ha detto che cera bisogno del prete? Chi è andato a
chiamare il viatico? Quello dobbiamo dirvelo noi altri medici, quando è lora; e mi
meraviglio del vicario che è venuto senza la polizza del viatico. Ora volete saperlo? non
cè bisogno del viatico. Se sta meglio, vi dico!
- È il miracolo della Madonna Addolorata!
esclamava la Longa; la Madonna ci ha fatto il miracolo, perché il Signore ci è stato
troppe volte in questa casa! - Ah! Vergine benedetta! esclamava Mena colle mani giunte.
Ah! Vergine Santa, che ci avete fatta la grazia! - E tutti piangevano dalla consolazione,
come se linfermo fosse già stato in grado di tornare ad imbarcarsi sulla Provvidenza.
Don Ciccio se ne andava borbottando: -
Così mi ringraziano! Se campano, la Madonna ha fatto la grazia. Se muoiono, son io che li
ammazzo!
Le comari aspettavano sulla porta per
veder passare il morto, che dovevano venirselo a prendere da un momento allaltro. -
Poveretto! brontolavano anchesse.
- Quel vecchio ha il cuoio duro; se non
batte il naso per terra come i gatti, non muore. State attenti a quel che vi dico oggi, -
predicava la Zuppidda. - Siamo qui da due giorni ad aspettare: muore, non muore? Vi dico
che egli ci sotterrerà tutti. - Le comari fecero le corna. «Lontano sia ché son figlia
di Maria!» e la Vespa baciava anche la medaglia che ci aveva sullabitino.
«Sciatara e matara! Tuono dellaria, e vino solforoso!» La Zuppidda soggiunse: -
Voi almeno non avete figli da maritare, come li ho io, che farei gran danno se andassi
sotterra. - Le altre ridevano, perché la Vespa non ci aveva che lei stessa da maritare, e
non ci arrivava anche. - Quanto a questo, padron Ntoni fa più danno di tutti,
perché è la colonna della casa, - rispose la cugina Anna. Quel cetriolo di Ntoni
ora non è più un ragazzo. - Ma tutte si strinsero nelle spalle. - Se muore il vecchio,
la vedrete come casca quella casa!
In questa arrivo la Nunziata, lesta lesta,
colla brocca sul capo. - Largo! largo! che aspettano lacqua da comare Maruzza. E i
miei ragazzi se si mettono a giocare mi lasciano la roba in mezzo alla strada.
Lia sera messa sulla porta, tutta
pettoruta a dire alle comari: - Il nonno sta meglio. Ha detto don Ciccio che il nonno per
adesso non muore; e non le pareva vero che tutte le comari stessero ad ascoltarla come una
donna fatta. Venne anche Alessi e disse alla Nunziata:
- Ora che sei qui, in due salti vado a
vedere che nè della Provvidenza.
- Questo qui ha più giudizio del grande!
diceva la cugina Anna.
- A don Michele gli daranno la medaglia
per aver buttato la corda alla Provvidenza, diceva lo speziale. E ci è anche la
pensione. Così li spendono i denari del popolo!
Piedipapera per difendere don Michele
andava dicendo che se lera meritata, la medaglia e la pensione, per questo si era
buttato sullacqua sino a mezza gamba, con tutti gli stivaloni, per salvare la vita
ai Malavoglia, vi par poco? tre persone! ed era stato a un pelo di lasciarci il cuoio
anche lui, tanto che se ne parlava dappertutto, sicché la domenica, quando si metteva
luniforme nuova, le ragazze gli lasciavano gli occhi addosso per vedere se ci avesse
la medaglia.
- Barbara Zuppidda, ora che si è levato
di mente quel ragazzaccio di Malavoglia, non gli volterà più le spalle a don Michele,
andava dicendo Piedipapera. Lho vista io col naso fra le imposte quando egli passa
per la strada.
E don Silvestro, sentendo questo, diceva a
Vanni Pizzuto:
- Bel guadagno che ci avete fatto, a
levarvi daddosso Ntoni di padron Ntoni, ora che la Barbara ha messo gli
occhi addosso a don Michele!
- Se ce li ha messi li leverà, ché sua
madre non può vedere né sbirri, né mangiapane, né forestieri.
- Vedrete, vedrete; la Barbara ha
ventitré anni, e se si mette in testa che ad aspettare ancora il marito comincia a far la
muffa, se lo piglia, colle buone o colle cattive. Volete scommettere dodici tarì che si
parlano dalla finestra? - E tirò fuori il pezzo da cinque lire nuovo.
- Io non voglio scommettere niente!
rispose Pizzuto, stringendosi nelle spalle. A me non me ne importa un corno.
Quelli che stavano a sentire, Piedipapera
e Rocco Spatu, si scompisciavano dalle risa. - Ve lo faccio per niente, - aggiunse don
Silvestro, messo di buon umore; e se ne andò cogli altri a chiacchierare con lo zio
Santoro, davanti allosteria. - Sentite, zio Santoro, volete guadagnarvi dodici
tarì? e cavò fuori la moneta nuova, sebbene lo zio Santoro non ci vedesse. - Mastro
Vanni Pizzuto vuol scommettere dodici tarì che ora don Michele il brigadiere va a parlare
colla Barbara Zuppidda, la sera. Volete buscarveli voi quei dodici tarì?
- O anime sante del purgatorio! esclamò
baciando il rosario lo zio Santoro, il quale era stato ad ascoltare tutto intento, cogli
occhi spenti; ma egli era inquieto, e muoveva le labbra di qua e di là, come fa delle
orecchie un cane da caccia che sente la pedata.
- Sono amici, non temete, - aggiunse don
Silvestro sghignazzando.
- Sono compare Tino, e Rocco Spatu,
aggiunse il cieco, dopo essere stato attento un altro po.
Egli conosceva tutti quelli che passavano,
al rumore dei loro passi, fossero colle scarpe o a piedi nudi, e diceva: - Voi siete
compare Tino, oppure: siete compare Cinghialenta. E siccome era sempre là, a dir delle
barzellette con questo e con quello, sapeva ciò che accadeva in tutto il paese, e allora
per buscarsi quei dodici tarì, come i ragazzi andavano a prendere il vino per la cena, li
chiamava: - Alessi, o Nunziata, o Lia, - e domandava pure: Dove vai? donde vieni?
che hai fatto oggi? oppure: Lhai visto don Michele? ci passa dalla strada del Nero?
Ntoni, poveretto, finché cera
stato bisogno, era corso di qua e di là senza fiato, e sera strappati i capelli
anche lui. Adesso che il nonno stava meglio, girandolava pel paese, colle mani sotto le
ascelle, aspettando che potessero portare unaltra volta la Provvidenza da
mastro Zuppiddu per rabberciarla; e andava allosteria a far quattro chiacchiere,
giacché non ci aveva un soldo in tasca, e raccontava a questo e a quello come avevano
visto la morte cogli occhi, e così passava il tempo, cianciando e sputacchiando. Quando
gli pagavano poi qualche bicchiere di vino, se la prendeva con don Michele, che gli aveva
rubata linnamorata e andava ogni sera a parlare colla Barbara, li aveva visti lo zio
Santoro, che aveva domandato alla Nunziata se don Michele ci passava per la strada del
Nero.
- Ma sangue di Giuda! non mi chiamo
Ntoni Malavoglia, se non mi taglio questo corno, sangue di Giuda!
La gente ci si divertiva a vedergli
mangiare lanima, e perciò gli pagavano da bere. La Santuzza, mentre risciacquava i
bicchieri, si voltava dallaltra parte, per non sentire le bestemmie e le parolacce
che dicevano; ma alludir discorrere di don Michele, si dimenticava anche di questo e
stava ad ascoltare con tanto docchi. Era diventata curiosa anche lei, e stava tutta
orecchi quando ne parlavano, e al fratellino della Nunziata, o ad Alessi, allorché
venivano pel vino, regalava delle mele e delle mandorle verdi, per sapere chi sera
visto nella strada del Nero. Don Michele giurava e spergiurava che non era vero, e spesso
la sera, quando losteria era già chiusa, si udiva un casa del diavolo dietro la
porta. - Bugiardo! gridava la Santuzza. Assassino! ladro! nemico di Dio!
Tanto che don Michele non si fece più
vedere allosteria, e si contentava di mandare a prendere il vino e berselo nella
bottega di Pizzuto, solo col suo fiasco, per amor della pace.
Massaro Filippo, invece di essere contento
che si fosse tolto così un altro cane da quellosso della Santuzza, metteva buone
parole e cercava di rappattumarli, che nessuno ci capiva più nulla. Ma era tempo perso. -
Non vedete che voga al largo e non si fa più vedere? esclamava la Santuzza. - Questo è
segno che la cosa è vera comè vero Iddio! No! non voglio sentirne parlar più,
dovessi chiudere losteria, e mettermi a far calzetta!
Massaro Filippo allora si faceva la bocca
amara dalla collera e andava a pregare don Michele come un santo nel posto delle guardie,
o nella bottega di Pizzuto, perché la finisse quella lite con la Santuzza, dopo che erano
stati amici! ed ora avrebbe fatto chiacchierare la gente, - e lo abbracciava e lo tirava
per la manica. Ma don Michele appuntava i piedi in terra come un mulo, e diceva di no. E
chi era là presente, a godersi la scena, osservava che massaro Filippo faceva una bella
figura comè vero Dio! - Massaro Filippo ha bisogno di aiuto, diceva Pizzuto. Non lo
vedete? Quella Santuzza si mangerebbe anche il Crocifisso!
La Santuzza allora un bel giorno si mise
la mantellina e andò a confessarsi, sebbene fosse lunedì, e losteria fosse piena
di gente. La Santuzza andava a confessarsi ogni domenica, e ci stava unora col naso
alla graticola del confessionario, a risciacquarsi la coscienza, che amava tenerla pulita
meglio dei suoi bicchieri. Ma quella volta donna Rosolina, che era gelosa di suo fratello
il vicario, e si confessava spesso anche lei per tenergli gli occhi addosso, restò colla
bocca aperta, là dovera ad aspettare ginocchioni, che la Santuzza ci avesse tanta
roba nello stomaco, e osservò che suo fratello il vicario si soffiò il naso più di
cinque volte.
- Cosa aveva oggi la Santuzza che non
finiva più? domandò perciò a don Giammaria quando furono a tavola.
- Niente, niente, - rispondeva suo
fratello stendendo la mano verso il piatto. Ma ella che gli conosceva il debole lasciava
il coperchio sulla zuppiera e lo tormentava a furia di domande, sicché infine il
poveretto dovette dire che cera il sigillo della confessione, e sinché fu a tavola
rimase col naso sul piatto, e ingozzava i maccheroni come se non avesse visto grazia di
Dio da due giorni, tanto che gli andarono in veleno, e borbottava fra di sé perché non
lo lasciavano mai quieto. Dopo pranzo prese il cappello e il ferraiuolo, e andò a fare
una visita alla Zuppidda. - Ci devessere sotto qualche cosa! borbottava dal canto
suo donna Rosolina. Ci devessere qualche sudiceria fra suor Mariangela e la
Zuppidda, sotto il sigillo della confessione. - E si mise alla finestra per vedere quanto
ci stava suo fratello, nella casa di comare Venera.
La Zuppidda saltò su tutte le furie
alludire quello che le mandava a dire suor Mariangela con don Giammaria, e si mise
sul ballatoio a gridare che lei non ne voleva roba degli altri, aprisse bene le orecchie
la Santuzza! che se vedeva passare don Michele per la sua strada voleva cavargli gli occhi
con la conocchia che teneva in mano, in barba alla pistola che portava sulla pancia,
giacché ella non aveva paura né di pistole né di nessuno, e sua figlia non
lavrebbe data a uno che si mangiava il pane del re e faceva lo sbirro, ed era nel
peccato mortale colla Santuzza per giunta, glielo aveva detto don Giammaria sotto sigillo
di confessione, ma ella se lo teneva nelle ciabatte, il sigillo della confessione, quando
ci andava di mezzo la sua Barbara, - e ne disse tanti e tanti degli improperi, che la
Longa e la cugina Anna dovettero chiudere la porta perché non udissero le ragazze; e
mastro Turi suo marito, onde non restare indietro, sbraitava anche lui: - Se mi toccano la
coda mi fanno fare qualche sproposito benedetto Dio! Io non ho paura di don Michele, e di
massaro Filippo, e di tutta la ciurma della Santuzza!
- State zitto! gli dava sulla voce comare
Venera; non avete inteso che massaro Filippo non centra più colla Santuzza?
Gli altri invece continuavano a dire che
la Santuzza ci aveva massaro Filippo per aiutarla a dire le orazioni, laveva visto
Piedipapera. - Bravo! Massaro Filippo ha bisogno daiuto anche lui! ripeteva Pizzuto.
Non lavete visto che è venuto a pregare e strapregare don Michele per aiutarlo?
Nella spezieria don Franco chiamava la
gente apposta per schiamazzare sullavventura.
- Ve lavevo detto, non è vero?
Tutti così, quei leccasanti! col diavolo sotto le gonnelle! Bel lavoro, eh? due alla
volta, per fare il paio! Ora che gli danno la medaglia a don Michele lappenderanno
insieme a quella di Figlia di Maria che ci ha la Santuzza. E sporgeva il capo fuori
dalluscio per vedere se ci fosse sua moglie alla finestra di sopra. - Ehi! la chiesa
e la caserma! Il trono e laltare! sempre la stessa storia, ve lo dico io!
Egli non aveva paura della sciabola e
dellaspersorio; e se ne infischiava di don Michele, tanto che gli leggeva le corna
quando la Signora non era alla finestra, e non poteva udire quello che si diceva nella
spezieria; ma donna Rosolina diede una buona lavata di capo a suo fratello, appena venne a
sapere che si era messo in quel pasticcio, perché quelli della sciabola bisogna tenerseli
amici.
- Amici un corno! rispondeva don
Giammaria. Con quelli che ci hanno levato il pan di bocca? Io ho fatto il debito mio. Io
non ho bisogno di loro! Sono loro piuttosto che hanno bisogno di noi altri.
- Almeno dovreste dire che vi ci ha
mandato la Santuzza, sotto sigillo di confessione; sosteneva donna Rosolina; così non
lacchiappereste voi linimicizia.
Però in aria misteriosa andava ripetendo
che era una cosa sotto sigillo di confessione, a tutte le comari e i vicini che venivano a
ronzarle attorno per sapere come sera venuto a scoprire quellimbroglio.
Piedipapera, dacché aveva sentito dire a don Silvestro che voleva far cadere la Barbara
coi suoi piedi, come una pera matura, andava sussurrando: - Questa è tutta manovra di don
Silvestro, che vuol far cadere la Zuppidda coi suoi piedi.
E tanto lo disse che arrivò
allorecchio di donna Rosolina, mentre cuoceva la conserva dei pomidoro, colle
maniche rimboccate, e si sbracciava a difender don Michele davanti alla gente, perché si
sapesse che, loro come loro, non gli volevano male a don Michele, sebbene ei fosse di quei
del governo; e diceva che luomo è cacciatore, e la Zuppidda doveva pensarci lei a
guardarsi la figliuola, e se don Michele ci aveva degli altri intrighi cotesto riguardava
lui e la sua coscienza.
- Questa è opera di don Silvestro, che
vuol la Zuppidda, e ha scommesso dodici tarì che la farà cascare coi suoi piedi; - venne
a dirle comare la Vespa, mentre aiutava donna Rosolina a fare la conserva dei pomidoro;
ella ci veniva a pregare don Giammaria che facesse entrar gli scrupoli in testa a quel
birbante dello zio Crocifisso, il quale ci aveva la testa più dura di un mulo. - Non lo
vede che ha i piedi nella fossa? diceva. Che vuol portarsi anche questo scrupolo sulla
coscienza?
Ma alludire la storia di don
Silvestro, donna Rosolina di botto cambiò registro, e si mise a predicare col mestolo in
aria, rossa come la conserva dei pomidoro, contro gli uomini che lusingano le ragazze da
marito, e quelle pettegole le quali stanno alla finestra ad uccellarli. Già si sapeva che
razza di civetta fosse la Barbara; ma faceva specie che ci cascasse anche uno come don
Silvestro, il quale sembrava un uomo di proposito, e nessuno si sarebbe aspettato da lui
un tradimento simile; invece poi andava a cercarsi i guai con la Zuppidda e con don
Michele, mentre ci aveva la sorte in mano e se la lasciava scappare. - Al giorno
doggi per conoscere un uomo bisogna mangiare sette salme di sale.
Però don Silvestro si faceva vedere a
braccetto con don Michele, e nessuno osava dir parola in faccia a loro di quei discorsi
che correvano. Ora donna Rosolina gli sbatteva la finestra sul naso, allorché il
segretario stava a guardare in aria dalla porta dello speziale, e non voltava nemmeno il
capo quando metteva al sole sul terrazzino la conserva dei pomidoro; una volta poi volle
andare a confessarsi ad Aci Castello, perché ci aveva un peccato che non poteva dire a
suo fratello, e tanto fece che incontrò per caso don Silvestro, giusto mentre tornava
dalla vigna.
- Oh! beato chi vi vede! cominciò a
dirgli, fermandosi a prender fiato, perchera tutta rossa e scalmanata. Ci avete gran
roba pel capo, che non vi ricordate più degli amici antichi.
- Io non ci ho nulla pel capo, donna
Rosolina.
- A me mi hanno detto che ce lavete,
ma è una bestialità, che vi farebbe venire il capo grosso davvero.
- Chi ve lha detto?
- Lo dice tutto il paese. - Lasciatelo
dire. E poi, volete saperla? io faccio quel che mi piace a me; e se ci avrò la testa
pesante ci ho da pensar io.
- Buon pro vi faccia, - rispose donna
Rosolina col viso rosso. - Vuol dire che cominciate ad avercela dadesso, se mi
rispondete in questo modo, tanto che non me laspettavo, e vi ho avuto sinora per
giudizioso; scusate se mi sono sbagliata. Vuol dire che «acqua passata non macina più»,
e «buon tempo e mal tempo non dura tutto il tempo». Pensateci che il proverbio dice:
«Chi cambia la vecchia per la nuova, peggio trova», e «chi piglia bellezze piglia
corna». Godetevi la Zuppidda in santa pace, perché a me non me ne importa. E per tutto
loro del mondo non vorrei che si dicesse di me tutto quello che si dice della vostra
Zuppidda.
- State tranquilla, donna Rosolina, ché
ormai non si può dir più nulla di voi.
- Almeno non si dice che mi mangio mezzo
paese; avete inteso, don Silvestro?
- Lasciateli, dire, donna Rosolina, «chi
ha bocca mangia, e non mangia se ne muore».
- E non si dice pure quel che si dice di
voi, che siete un truffatore! seguitò donna Rosolina, verde come laglio. Mi avete
inteso, don Silvestro? e di tutti non si può dire la stessa cosa! Quando non vi servono
più, poi, datemele quelle venticinque onze che vi ho prestate. Io non li rubo i denari,
come certa gente.
- Non dubitate, donna Rosolina, io non
lho detto che le avete rubate le vostre venticinque onze, e non andrò a dirglielo a
vostro fratello don Giammaria. A me non me ne importa di sapere se gliele avete rubate
sulla spesa o no; so che non ve le devo io. Mi avevate detto di metterle a frutto, per
farvi la dote, se qualcuno vi avesse voluta, ed io li avevo messi in una Banca per conto
vostro, sotto il mio nome, per non far scoprire la cosa a vostro fratello il quale vi
avrebbe domandato di dove vi erano venuti quei denari. Ora la Banca è fallita. Che colpa
ce ne ho io?
- Imbroglione! gli sputava in faccia donna
Rosolina colla schiuma alla bocca. Truffatore! Io non avevo dato quei denari per andare a
metterli in una Banca che falliva. Io ve li avevo dati per tenerci gli occhi addosso come
se fosse stata roba vostra!...
- Si! ho fatto come se fosse stata roba
mia! - rispondeva il segretario con la faccia tosta, tanto che donna Rosolina gli voltò
le spalle per non crepare dalla rabbia, e se ne tomò a Trezza sudata come una spugna,
nellora calda, collo scialle sulla schiena. Don Silvestro rimase li fermo a
sogghignare, davanti al muro dellorto di massaro Filippo, finché ella non ebbe
scantonato, e si strinse nelle spalle, borbottando fra di sé: - A me non me ne importa
nulla di quel che dicono.
Ed aveva ragione di non curarsi di quel
che dicevano. Dicevano che se don Silvestro si era messo in testa di far cascar la Barbara
coi suoi piedi, ci sarebbe caduta, tal briccone matricolato egli era! Però gli facevano
di berretto, e gli amici gli accennavano col capo, sogghignando, quando andava a
chiacchierare nella spezieria. - Siete un bel prepotente! gli diceva don Franco
accarezzandolo sulle spalle. - Un vero feudatario! Siete luomo fatale, mandato in
terra per provare come quattro e quattrotto che bisogna fare il bucato alla vecchia
società. - E allorché veniva Ntoni a prendere il medicamento pel nonno: - Tu sei
il popolo. Finché sarai paziente come il somaro ti toccheranno le bastonate. - La
Signora, che faceva la calzetta dietro il banco, per mutar discorso domandava: - Come sta
ora il nonno? Ntoni non osava aprir bocca davanti la Signora, e se ne andava
brontolando, col bicchiere nelle mani.
Il nonno ora stava meglio, e lo mettevano
sulluscio, al sole, avvolto nel tabarro, e col fazzoletto in testa, che sembrava un
morto risuscitato, tanto che la gente andava a vederlo per curiosità; ed il poveraccio
chinava il capo a questo e a quello, come un pappagallo, e sorrideva, tutto contento di
trovarsi là, nel suo cappotto, accanto alluscio, con Maruzza che gli filava
accanto, il telaio della Mena che si udiva nelle stanze, e le galline che razzolavano
nella strada. Ora che non aveva altro da fare aveva imparato a conoscere le galline ad una
ad una, e stava a vedere quello che facevano, e passava il tempo ad ascoltare le voci dei
vicini, dicendo: - Questa è comare Venera che strapazza suo marito. - Questa è la cugina
Anna che torna dal lavatoio. Poi se ne stava a vedere lombra delle case che si
allungava; e quando non cera più il sole sulla porta lo mettevano contro il muro
dirimpetto, chegli somigliava al cane di mastro Turi, il quale cercava il sole, per
sdraiarsi.
Infine, cominciò a stare sulle gambe, e
lo portarono sulla riva, reggendolo sotto le ascelle, perché gli piaceva dormicchiare
accoccolato sui sassi, in faccia alle barche, e diceva che lodore dellacqua
salata gli faceva bene allo stomaco; e si divertiva a vedere le barche, e sentire
comera andata la giornata per questo e per quello. I compari, mentre attendevano
alle loro faccende, gli regalavano qualche parola, e gli dicevano per consolarlo: - Vuol
dire che cè olio ancora alla lucerna, eh, padron Ntoni!
La sera, quando tutti i suoi erano in
casa, colluscio chiuso, mentre la Longa intonava il rosario, se la godeva a
vederseli vicini, e li guardava in faccia ad uno ad uno, e guardava i muri della casa, e
il cassettone colla statuetta del buon Pastore, e il deschetto col lume sopra; e ripeteva
sempre: - Non mi par vero di essere ancora qui, con voialtri.
La Longa diceva che lo spavento le aveva
messo un gran rimescolio nel sangue e nella testa, ed ora le pareva di non averci più
davanti agli occhi quei due poveretti che erano morti, e sino a quel giorno le eran
rimasti come due spine dentro il petto, tanto che era andata a confessarsene con don
Giammaria. Però il confessore le aveva data lassoluzione, perché coi disgraziati
succede così, che una spina scaccia laltra, e il Signore non vuole ficcarcele tutte
in una volta, perché si morirebbe di crepacuore. Le erano morti il figlio e il marito;
lavevano scacciata dalla casa; ma adesso era contenta che fosse riescita a pagare il
medico e lo speziale, e non doveva più niente a nessuno.
A poco a poco il nonno era arrivato a
dire: - Datemi da fare qualche cosa, così non so starci, senza far nulla. Rattoppava
delle reti; e intrecciava delle nasse; poi cominciò ad andare col bastoncello sino a
cortile di mastro Turi a vedere la Provvidenza, e stava lì a godersi il sole.
Infine era tornato a imbarcarsi coi ragazzi.
- Tale e quale come i gatti! diceva la
Zuppidda; che se non danno il naso per terra son sempre vivi.
La Longa aveva pure messo la porta un
panchettino, ci vendeva arancie, noci, ova sode ed ulive nere.
- State a vedere che a poco a poco
arrivano a vendere anche il vino! diceva la Santuzza. Io ci ho piacere, perché son gente
col timore di Dio! E padron Cipolla si stringeva nelle spalle quando passava per la strada
del Nero, davanti alla casa dei Malavoglia, che volevano fare i negozianti.
Il negozio andava bene perché le uova
erano sempre fresche, tanto che la Santuzza, ora che Ntoni bazzicava
allosteria, mandava da comare Maruzza a prendere le ulive, quando cerano dei
bevitori che non avevano sete. Così a soldo a soldo avevano pagato mastro Turi Zuppiddu,
e avevano rattoppato unaltra volta la Provvidenza, che adesso pareva davvero
una ciabatta; eppure si metteva da parte qualche lira. Avevano comprato anche una buona
provvista di barilotti, e il sale per le acciughe, se San Francesco mandava la
provvidenza, la vela nuova per la barca, e messo un po di denaro nel canterano. -
Facciamo come le formiche, diceva padron Ntoni; e ogni giorno contava i denari, e
andava a girandolare davanti la casa del nespolo, a guardare in alto, colle mani dietro la
schiena. La porta era chiusa, i passeri cinguettavano sul tetto, e la vite si dondolava
adagio adagio sulla finestra. Il vecchio si arrampicava sul muro dellorto, dove ci
avevano seminato delle cipolle che facevano come un mare di pennacchi bianchi, e poi
correva dietro allo zio Crocifisso, per dirgli cento volte: - Sapete, zio Crocifisso, se
giungiamo a metterli insieme, quei denari della casa, dovete venderla a noi, perché è
stata sempre dei Malavoglia; «ad ogni uccello il suo nido è bello» e desidero morire
dove son nato. «Beato chi muore nel proprio letto». Lo zio Crocifisso grugniva di sì,
per non compromettersi; e alla casa ci faceva mettere una tegola nuova, od una cazzolata
di calcina al muro del cortile, per far crescere il prezzo.
Lo zio Crocifisso lo rassicurava così: -
Non dubitate, non dubitate. La casa è là che non scappa. Basta tenerci gli occhi
addosso. Ognuno tiene gli occhi addosso a quel che gli preme. - E una volta aggiunse: -
Che non la maritate più la vostra Mena?
- La mariterò quando vorrà Dio! rispose
padron Ntoni. Per me vorrei maritarla anche domani.
- Io se fossi in voi, le darei Alfio
Mosca, che è un buon ragazzo, onesto e laborioso; e cerca moglie di qua e di là, non ha
altro difetto. Ora dicono che tornerà in paese, e par fatto apposta per vostra nipote.
- O se dicevano che volesse pigliarsi
vostra nipote la Vespa?
- Anche voi! anche voi! cominciò a
gridare Campana di legno. Chi lo dice? Son tutte chiacchiere; vuol papparle la chiusa a
mia nipote, ecco cosa vuole! Bella cosa eh? Che direste voi se la vostra casa la vendessi
a un altro?
Piedipapera il quale era sempre là per la
piazza, appena cerano due che discorrevano, a cercare di buscarsi la senseria, si
ficcò nel discorso anche lui. - La Vespa ora ci ha per le mani Brasi Cipolla, dopo che
andò in aria il matrimonio della SantAgata, li ho visti con questi occhi, che
andavano insieme per la viottola del torrente; io ci ero andato a cercare due ciottoli
lisci per lintonaco dellabbeveratoio che non tiene lacqua. E gli faceva
la smorfiosa, la civetta! colle cocche del fazzoletto sulla bocca, e gli diceva: - Per
questa medaglia benedetta che ci ho qui, non è vero niente. Puh! che mi fate stomaco
quando mi parlate di quel vecchio barbogio di mio zio! - Parlava di voi, zio Crocifisso; e
gli lasciava toccare la medaglia, sapete dove la tiene! Campana di legno faceva il sordo,
e dimenava il capo, come Tartaglia. Piedipapera continuava: - e Brasi disse: - Allora che
facciamo? - Io non lo so quel che volete fare - rispondeva la Vespa, - ma se è vero che
mi volete bene, in questo stato non mi lascerete, ché quando non vi vedo mi pare che il
cuore labbia diviso in due, come due spicchi darancia, e se vi maritano con
qualchedunaltra vi giuro per questa medaglia benedetta che ci ho qui, sentite, che
vedrete qualche cosa di grosso nel paese, e mi butterò in mare bella e vestita come sono.
Brasi si grattava il capo, e seguitava: Per me, io vi voglio; ma mio padre poi che farà?
- Andiamocene via dal paese, diceva lei, come se fossimo marito e moglie, e quando la
frittata sarà fatta, vostro padre dovrà dir di sì per forza. Già non ha altri
figliuoli, e la roba non sa a chi lasciarla.
- Che gente, eh! cominciò a strillare lo
zio Crocifisso, dimenticandosi che era sordo. Quella strega ha il diavolo che la pizzica
sotto la gonnella! E dire che tengono la medaglia della Madonna sul petto! Bisognerà
dirlo a padron Fortunato, bisognerà! Siamo galantuomini o no? Se padron Fortunato non sta
in guardia, quella strega di mia nipote gli fa il tiro di rubargli il figlio, poveretto!
E correva per la strada come un pazzo.
- Mi raccomando, non dite che vi ho visti
io! gridava Piedipapera andandogli dietro. Non voglio mettermi in bocca a quella vipera di
vostra nipote.
Lo zio Crocifisso in un attimo mise
sottosopra tutto il paese, che voleva mandare perfino le guardie e don Michele a mettere
sotto custodia la Vespa; la quale, infine, era sua nipote, e doveva pensarci lui; e don
Michele era pagato per questo, per guardare gli interessi dei galantuomini. La gente si
divertiva a veder padron Cipolla correre di qua e di là anche lui con tanto di lingua
fuori, e ci aveva gusto che quel bietolone di suo figlio Brasi fosse andato a cascare
nella Vespa, mentre pareva che per lui non fosse buona nemmeno la figlia di Vittorio
Emanuele, ché aveva piantato la Malavoglia senza dire: vi saluto!
Mena però non sera messa il
fazzoletto nero, quando Brasi laveva piantata; anzi ora tornava a cantare mentre
stava al telaio, o aiutava a salare le acciughe, nelle belle sere destate. Stavolta
San Francesco laveva proprio mandata, la provvidenza. Cera stata una passata
di acciughe come mai se nerano viste; una ricchezza per tutto il paese; le barche
tornavano cariche, colla gente che cantava e sventolava i berretti da lontano, per far
segno alle donne che aspettavano coi bambini in collo.
I rigattieri venivano in folla dalla
città, a piedi, a cavallo, sui carri, e Piedipapera non aveva tempo di grattarsi il capo.
Verso lavemaria, sulla riva cera una fiera addirittura, e grida e schiamazzi
dogni genere. Nel cortile dei Malavoglia il lume stava acceso sino a mezzanotte, che
pareva una festa. Le ragazze cantavano, e venivano anche le vicine ad aiutare, le figlie
della cugina Anna e la Nunziata, perché cera da guadagnare per tutti, e lungo il
muro si vedevano quattro file di barilotti già belli e preparati, coi sassi di sopra.
- Adesso vorrei qui la Zuppidda! esclamava
Ntoni, seduto sui sassi a far peso anche lui, colle mani sotto le ascelle. - Adesso
lo vedrebbe che abbiamo il fatto nostro anche noi, e ce ne infischiamo di don Michele e di
don Silvestro!
I rigattieri correvano dietro a padron
Ntoni coi denari in mano. Piedipapera lo tirava per la manica dicendogli: Questo è
il tempo dapprofittare. Ma padron Ntoni teneva duro a rispondere: - Ne
parleremo ad Ognissanti; allora le acciughe avranno il loro prezzo. No, non voglio
caparra, non voglio legarmi le mani! So io come vanno le cose. - E picchiava i pugni sui
barili, dicendo ai nipoti: Qui cè la vostra casa e la dote di Mena. «La casa ti
abbraccia e ti bacia». San Francesco mi ha fatto la grazia di lasciarmi chiudere gli
occhi contento.
Nello stesso tempo avevano fatte tutte le
provviste per linverno, il grano, le fave, lolio; e avevano data la caparra a
massaro Filippo per quel po di vino della domenica.
Ora erano tranquilli; suocero e nuora
tornavano a contare i danari nella calza, i barilotti schierati nel cortile, e facevano i
loro calcoli onde vedere quello che ci mancasse ancora per la casa. La Maruzza conosceva
quei denari soldo per soldo, quelli delle arancie e delle uova, quelli che aveva portati
Alessi dalla ferrovia, quelli che Mena sera guadagnati col telaio, e diceva: - Ce
nè di tutti - Non ve lavevo detto che per menare il remo bisogna che le
cinque dita della mano si aiutino lun laltro? rispondeva padron Ntoni. -
Oramai pochi ce ne mancano. E allora si mettevano in un cantuccio a confabulare colla
Longa, e guardavano SantAgata, la quale se lo meritava, poveretta, che parlassero di
lei «perché non aveva né bocca né volontà» e badava a lavorare, cantando fra di sé
come fanno gli uccelli nel nido prima di giorno; e soltanto quando udiva passare i carri,
la sera, pensava al carro di compare Alfio Mosca, che andava pel mondo, chi sa dove; e
allora smetteva di cantare.
Per tutto il paese non si vedeva altro che
della gente colle reti in collo, e donne sedute sulla soglia a pestare i mattoni; e
davanti a ogni porta cera una fila di barilotti, che un cristiano si ricreava il
naso a passare per la strada, e un miglio prima di arrivare in paese si sentiva che San
Francesco ci aveva mandata la provvidenza; non si parlava daltro che di sardelle e
di salamoia, perfino nella spezieria dove aggiustavano il mondo a modo loro; e don Franco
voleva insegnare una maniera nuova di salare le acciughe, che laveva letta nei
libri. Come gli ridevano in faccia, si metteva a gridare: - Bestie che siete! e volete il
progresso! e volete la repubblica! - La gente gli voltava le spalle, e lo piantava lì a
strepitare come un pazzo. Da che il mondo è mondo le acciughe si son fatte col sale e coi
mattoni pesti.
- Il solito discorso! Così faceva mio
nonno! seguitava a gridare loro dietro lo speziale. - Siete asini che vi manca soltanto la
coda! Con gente come questa cosa volete fare? e si contentano di mastro Croce Giufà,
perché il sindaco è stato sempre lui; sarebbero capaci di dirvi che non vogliono la
repubblica perché non lhanno mai vista! - Questi discorsi poi li ripeteva a don
Silvestro, a proposito di certo ragionamento che avevano fatto a quattrocchi,
sebbene don Silvestro non avesse aperto bocca, è vero, ma era stato zitto ad ascoltare.
Si sapeva poi che era in rotta colla Betta di mastro Croce, perché il sindaco voleva
farlo lei, e suo padre sera lasciato mettere la gonnella al collo, talché oggi
diceva bianco e domani nero, come voleva la Betta. Egli non sapeva dir altro che: - Il
Sindaco son io, caspitina! - come glielo aveva insegnato a dire a sua figlia, la quale
appuntava i pigni sui fianchi parlando con don Silvestro, e gli rinfacciava:
- Vi pare che vi lasceranno menar sempre
pel naso quel buon uomo di mio padre, per fare gli affari vostri e mangiare a doppio
palmento? che perfino donna Rosolina va predicando che vi rosicate tutto il paese! Ma me
non mi mangerete, no! che non ci ho la smania di maritarmi, e bado agli interessi di mio
padre.
Don Franco predicava che senza uomini
nuovi non si faceva nulla, ed era inutile andare a cercare i pezzi grossi, come padron
Cipolla, il quale vi diceva per grazia di Dio ci aveva il fatto suo, e non aveva bisogno
di fare il servitore del pubblico per niente; oppure come massaro Filippo il quale non
pensava ad altro che alle sue chiuse e alle sue vigne, e solo ci aveva prestato orecchio
quando sera parlato di levare il dazio sul mosto.
- Gente vecchia! - conchiudeva don Franco
colla barba in aria. - Gente buona pel tempo della camarilla. Al giorno doggi ci
vogliono uomini nuovi.
- Adesso manderemo dal fornaciaio per
farli fare apposta, - rispondeva don Giammaria.
- Se le cose andassero come dovrebbero
andare si nuoterebbe nelloro! - diceva don Silvestro: non diceva altro.
- Sapete cosa ci vorrebbe? - suggeriva lo
speziale sottovoce, e lasciando correre unocchiata nella retrobottega. - Ci vorrebbe
gente come noi!
E dopo aver soffiato loro quel segreto nel
buco dellorecchio, correva in punta di piedi a piantarsi sulluscio, colla
barba in aria, sballottandosi in cima alle gambette colle mani dietro la schiena.
- Brava gente che sarebbe! - borbottava
don Giammaria. - A Favignana, o nelle altre galere, ne trovate quanti ne volete, senza
andare dal fornaciaio. Andate a dirlo a compare Tino Piedipapera, o a quellubriacone
di Rocco Spatu, che loro ci stanno colle idee del vostro tempo! Io so che mi hanno rubato
venticinque onze di casa mia, e in galera, a Favignana, non ci è andato nessuno! Questi
sono i tempi e gli uomini nuovi!
In quel momento entrò nella bottega la
Signora, colla calza in mano, e lo speziale mando giù in fretta quello che stava per
dire, seguitando a borbottare nella barba, mentre fingeva di guardare la gente che andava
alla fontana. Don Silvestro finalmente, vedendo che nessuno fiatava più, disse chiaro e
tondo che di uomini nuovi non cerano altri che Ntoni di padron Ntoni e
Brasi Cipolla, perché lui non aveva suggezione della moglie dello speziale.
- Tu non ti cimmischiare; -
rimbrottò allora la Signora a suo marito; questi sono affari che non ti riguardano. - Io
non sto parlando; - rispose don Franco lisciandosi la barba.
E il vicario, ora che aveva il disopra, e
la moglie di don Franco era là, che ei poteva tirare le sassate dietro il muro, si
divertiva a far arrabbiare lo speziale. - Belli, quei vostri uomini nuovi! Sapete cosa fa
Brasi Cipolla, adesso che suo padre va cercandolo per tirargli le orecchie a causa della
Vespa? corre a nascondersi di qua e di là come un ragazzaccio. Stanotte ha dormito nella
sagrestia; e ieri mia sorella dovette mandargli un piatto di maccheroni, nel pollaio
dovera nascosto, perché quel bietolone non mangiava da ventiquattrore, ed era
tutto pieno di pollini! E Ntoni Malavoglia! altro belluomo nuovo! Suo nonno e
tutti gli altri sudano e si affannano per tirarsi su unaltra volta; e lui, quando
può scappare con un pretesto, va a girandolare pel paese, e davanti allosteria,
tale e quale come Rocco Spatu.
Il sinedrio si sciolse come tutte le altre
volte, senza conchiudere nulla, che ognuno restava della sua opinione, e quella volta
inoltre cera presente la Signora, talché don Franco non poteva sfogarsi a modo suo.
Don Silvestro rideva come una gallina; e
appena si sciolse la conversazione se ne andò anche lui, colle mani dietro la schiena e
la testa carica di pensieri. - Non vedi don Silvestro che ha più giudizio di te? - diceva
la Signora a suo marito, mentre egli chiudeva la bottega. - Quello è un uomo che ha
stomaco, e se ha da dire qualche cosa ce la chiude dentro e non parla più. Tutto il paese
sa che ha truffato le venticinque onze a donna Rosolina, ma nessuno va a dirglielo in
faccia, a un uomo come quello! Tu poi sarai sempre uno sciocco che non saprai fare gli
affari tuoi; uno di quei grulli che abbaiano alla luna! un chiacchierone! - Ma infine cosa
ho detto? piagnucolava lo speziale, andandole dietro per la scala col lume in mano. - Lo
sapeva lei quel che aveva detto? Ei non si azzardava a dire davanti a lei le sue
corbellerie senza capo e senza coda. Sapeva solo che don Giammaria se nera andato
facendosi la croce per la piazza, e borbottando: - Bella razza duomini nuovi, come
quel Ntoni Malavoglia là, che va girelloni a questora pel paese!
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi - E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 11 febbraio 1998