Giovanni Verga
I Malavoglia
Capitolo VI
Ntoni era arrivato in giorno di
festa, e andava di porta in porta a salutare i vicini e i conoscenti, sicché tutti
stavano a guardarlo dove passava; gli amici gli facevano codazzo, e le ragazze si
affacciavano dalle finestre; ma la sola che non si vedesse era Sara di comare Tudda.
- Se nè andata ad Ognina con suo
marito, gli disse la Santuzza. Ha sposato Menico Trinca, il quale era vedovo con sei
figliuoli, ma è ricco come un maiale. Si è maritata che non era compiuto il mese dacché
a Menico Trinca gli era morta la prima moglie, e il letto era ancora caldo, Dio liberi!
- Uno che è vedovo è come uno che vada
soldato, aggiunse la Zuppidda. «Amore di soldato poco dura, a tocco di tamburo addio
signora». E poi, sera persa la Provvidenza.
Comare Venera, la quale era alla stazione,
quando era partito Ntoni di padron Ntoni, per vedere se Sara di comare Tudda
fosse andata a salutarlo, ché li aveva visti parlare dal muro della vigna, voleva godersi
la faccia che avrebbe fatto Ntoni a quella notizia. Ma era passato del tempo anche
per cotesto, e si suol dire «lontano dagli occhi lontano dal cuore». Ntoni ora
portava il berretto sullorecchio. - Compare Menico vuol morire becco! disse egli per
consolarsi, e questo le piacque, alla Mangiacarrubbe, che laveva chiamato
«cetriolo» ed ora vedeva che era un bel cetriolo, e lavrebbe barattato volentieri
con quel disutilaccio di Rocco Spatu, il quale non valeva niente, e laveva preso
perché non cera altri.
- A me non mi piacciono quelle fraschette
che fanno allamore con due o tre per volta, disse la Mangiacarrubbe, tirandosi sul
mento le cocche del fazzoletto da testa, e facendo la madonnina. Se volessi bene ad uno,
non vorrei cambiarlo nemmeno per Vittorio Emanuele, o Garibaldi, vedete!.
- Lo so a chi volete bene! disse
Ntoni col pugno sul fianco.
- No che non lo sapete, compare
Ntoni, e vi hanno detto delle chiacchiere. Se qualche volta poi passate dalla mia
porta, vi racconterò ogni cosa.
- Ora che la Mangiacarrubbe ha messo gli
occhi addosso a Ntoni di padron Ntoni, la sarà una provvidenza per la cugina
Anna, diceva comare Venera.
Ntoni se ne andò tutto borioso,
dondolandosi sui fianchi, con un codazzo di amici, e avrebbe voluto che tutti i giorni
fosse domenica, per menare a spasso la sua camicia colle stelle; quel dopopranzo si
divertirono a prendersi a pugni con compare Pizzuto, il quale non aveva paura nemmeno di
Dio, sebbene non avesse fatto il soldato, e andò a rotolare per terra davanti
allosteria, col naso in sangue; ma Rocco Spatu invece fu più forte, e si mise
Ntoni sotto i piedi.
- Per la madonna! esclamarono quelli che
stavano a vedere. Quel Rocco è forte come mastro Turi Zuppiddu. Se volesse lavorare se lo
buscherebbe il pane!.
- Io le mie devozioni so dirmele con
questo qui! diceva Pizzuto mostrando il rasoio, per non darsi vinto.
Insomma Ntoni si divertì tutta la
giornata; però la sera, mentre stavano attorno al desco a chiacchierare, e la mamma gli
domandava di questo e di quello, e i ragazzi, mezzo addormentati, lo stavano a guardare
con tanto docchi, e Mena gli toccava il berretto e la camicia colle stelle, per
vedere comeran fatti, il nonno gli disse che gli aveva trovato dandare a
giornata nella paranza di compar Cipolla, con una bella paga.
- Li ho presi per carità, diceva padron
Fortunato a chi voleva sentirlo, seduto davanti alla bottega del barbiere. Li ho presi per
non dir di no, quando padron Ntoni è venuto a dirmi, sotto lolmo, se ci
avessi bisogno di uomini per la paranza. Di uomini io non ne ho mai bisogno; ma «carcere,
malattie e necessità, si conosce lamistà»; con padron Ntoni poi che è
tanto vecchio, ci si perde quel che gli si dà!...
- È vecchio ma sa il mestiere, rispose
Piedipapera; non ce li perdete i danari; e suo nipote poi è un ragazzo che tutti ve lo
ruberebbero.
- Quando mastro Bastiano avrà messo in
ordine la Provvidenza, armeremo la nostra barca, e non avremo più bisogno
dandare a giornata; diceva padron Ntoni.
La mattina quando egli andò a svegliare
il nipote, ci volevano due ore per lalba, e Ntoni avrebbe preferito starsene
ancora un po sotto le coperte; allorché uscì fuori nel cortile sbadigliando, il Tre
Bastoni era ancora alto verso lOgnina, colle gambe in aria, la Puddara
luccicava dallaltra parte, e il cielo formicolava di stelle, che parevano le
monachine quando corrono sul fondo nero della padella.
- È la stessa cosa come quandero
soldato, che suonava la diana nei traponti, borbottava Ntoni. Allora non valeva la
pena di tornare a casa!
- Sta zitto, ché il nonno è lì a
mettere in ordine gli attrezzi, e si è alzato unora prima di noi, gli rispose
Alessi. Ma Alessi era un ragazzo che somigliava tutto a suo padre Bastianazzo,
buonanima. Il nonno colla lanterna andava e veniva pel cortile; fuori si udiva
passare la gente che andava al mare, e passava a picchiare di porta in porta, per chiamare
i compagni. Però, come giunsero sul lido, davanti al mare nero, dove si specchiavano le
stelle, e che russava lento sul greto, e si vedevano qua e là le lanterne delle barche,
anche Ntoni si sentì allargare il cuore.
- Ah! esclamò stirandosi le braccia. È
una bella cosa tornare a casa sua. Questa marina qui mi conosce. - Già padron Ntoni
diceva sempre che un pesce fuori dellacqua non sa starci, e chi è nato pesce il
mare laspetta,
Nella paranza lo canzonavano perché la
Sara laveva piantato, mentre serravano le vele, e la Carmela vogava in tondo
lenta lenta, lasciandosi dietro le reti come la coda di un serpente. - «Carne di porco ed
uomini di guerra durano poco», dice il proverbio; per questo Sara ti ha piantato.
- «Allora la donna è fedele ad uno,
quando il turco si fa cristiano»; aggiunse lo zio Cola.
- Delle innamorate ne ho quante ne voglio,
rispose Ntoni; a Napoli mi correvano dietro come cagnolini.
- A Napoli ci avevi il vestito di panno, e
il berretto collo scritto, e le scarpe ai piedi, disse Barabba.
- Che ci son delle belle ragazze come qui,
a Napoli?
- Le belle ragazze di qui non sono degne
di portargli le scarpe, a quelle di Napoli. Io ne avevo una colla veste di seta, e nastri
rossi nei capelli, il corsetto ricamato, e le spalline doro come quelle del
comandante. Un bel pezzo di ragazza così, che portava a spasso i bambini dei padroni, e
non faceva altro.
- Bello stare deve essere da quelle parti!
osservò Barabba.
- A voi di sinistra! fermi i remi! gridò
padron Ntoni.
- Sangue di giuda! che mi fate andare la
paranza sulle reti! cominciò a strillare lo zio Cola dal timone. La volete finire colle
chiacchiere; stiamo qui a grattarci la pancia, o a fare il mestiere?
- È la maretta che ci accula; disse
Ntoni.
- Staglia da quella parte, figlio di
porco, gli gridò Barabba; colle regine che ci hai in testa ci fai perdere la giornata!
- Sacramento! rispose allora Ntoni
col remo in aria, se lo dici unaltra volta, te lo do sulla testa.
- Che novità è questa? saltò su lo zio
Cola dal timone, lhai imparato da soldato, che non si può dire più una parola?
- Allora me ne vado, rispose Ntoni.
- E tu vattene, che coi suoi denari padron
Fortunato ne troverà un altro.
- «Al servo pazienza, al padrone
prudenza», disse padron Ntoni.
Ntoni continuò a remare
brontolando, perché non poteva andarsene a piedi, e compare Mangiacarrubbe, per mettere
la pace, disse che era ora di far colazione.
In quel momento spuntava il sole, e un
sorso di vino si beveva volentieri, pel fresco che sera messo. Allora quei ragazzi
si misero a lavorare di mascelle, col fiasco fra le gambe, mentre la paranza mareggiava
adagio adagio fra il largo cerchio dei sugheri.
- Una pedata per di dietro a chi parla per
il primo! disse lo zio Cola.
Per non buscarsi la pedata tutti si misero
a masticare come buoi, guardando le onde che venivano da largo, e si rotolavano senza
spuma, quelle otri verdi che in un giorno di sole fanno pensare al cielo nero e al mare
color di lavagna.
- Padron Cipolla le lascerà correre
quattro bestemmie stasera, saltò su lo zio Cola; ma non ci abbiamo che fare. Col mare
fresco non se ne piglia pesci.
Prima compare Mangiacarrubbe gli sferrò
una pedata, perché lo zio Cola che aveva fatta la legge aveva parlato per primo; e poi
rispose: - Intanto ora che siamo qui, aspettiamo a tirare le reti.
- La maretta viene dal largo, e a noi ci
giova; aggiunse padron Ntoni.
- Ahi! borbottava intanto lo zio Cola.
Ora che il silenzio era rotto, Barabba
chiese a Ntoni Malavoglia: - Me lo dai un mozzicone di sigaro?
- Non ne ho, rispose Ntoni, senza
pensare più alla quistione di poco prima, ma te ne darò mezzo del mio.
Gli uomini della paranza, seduti sul
fondo, con la schiena contro il banco e le mani dietro il capo, cantavano delle canzonette
ognuno per suo conto, adagio adagio, per non addormentarsi, che infatti socchiudevano gli
occhi contro il sole lucente; e Barabba faceva scoppiettare le dita, come i cefali
sguizzavano fuori dellacqua.
- Essi non hanno nulla da fare, diceva
Ntoni e si divertono a saltare.
- Buono questo sigaro! risposte Barabba,
ne fumavi a Napoli di questi?
- Si, ne fumavo tanti.
- Però i sugheri cominciano ad affondare,
osservò compare Mangiacarrubbe.
- Lo vedi dove si è persa la Provvidenza
con tuo padre? disse Barabba; laggiù al Capo, dove cè locchio del sole su
quelle case bianche, e il mare sembra tutto doro.
- Il mare è amaro e il marinaro muore in
mare; rispose Ntoni.
Barabba gli passò il suo fiasco, e dopo
si misero a brontolare sottovoce dello zio Cola, il quale era un cane per gli uomini della
paranza, quasi padron Cipolla fosse là presente a vedere quel che facevano e quel che non
facevano.
- Tutto per fargli credere che senza di
lui la paranza non andrebbe, aggiunse Barabba. Sbirro!
- Ora gli dirà che il pesce lha
preso lui, per labilità sua, con tutto il mare fresco. Guarda come affondano le
reti, i sugheri non si vedono più.
- O ragazzi! gridò lo zio Cola, vogliamo
tirare le reti? perché se ci arriva la maretta ce le strappa di mano.
- Ohi! oohi! cominciarono a vociare gli
uomini della ciurma passandosi la fune.
- San Francesco! esclamava lo zio Cola, ei
non par vero che abbiamo preso tutta questa grazia di Dio, colla maretta.
Le reti formicolavano e scintillavano al
sole a misura che saffacciavano dallacqua, e tutto il fondo della paranza
sembrava pieno dargento vivo. - Padron Fortunato ora sarà contento, mormorò
Barabba, tutto rosso e sudato, e non ci rinfaccerà quei tre carlini che ci dà per la
giornata.
- Questo ci tocca a noi! aggiunse
Ntoni, a romperci la schiena per gli altri; e poi quando abbiamo messo assieme un
po di soldi, viene il diavolo e se li mangia.
- Di che ti lagni? gli disse il nonno, non
te la dà la tua giornata compare Fortunato?
I Malavoglia si arrabbattavano in tutti i
modi per far quattrini. La Longa prendeva qualche rotolo di tela da tessere, e andava
anche al lavatoio per conto degli altri; padron Ntoni coi nipoti serano messi
a giornata, saiutavano come potevano, e se la sciatica piegava il vecchio come un
uncino, rimaneva nel cortile a rifar le maglie alle reti, a raccomodar nasse, e mettere in
ordine degli attrezzi, ché era pratico di ogni cosa del mestiere.
Luca andava a lavorare nel ponte della
ferrovia, per cinquanta centesimi al giorno, sebbene suo fratello Ntoni dicesse che
non bastavano per le camicie che sciupava a trasportar sassi nel corbello, ma Luca non
badava che si sciupava anche le spalle, e Alessi andava a raccattar dei gamberi lungo gli
scogli, o dei vermiciattoli per lesca, che si vendevano a dieci soldi il rotolo, e
alle volte arrivava sino allOgnina e al Capo dei Mulini, e tornava coi piedi in
sangue. Ma compare Zuppiddu si prendeva dei bei soldi, ogni sabato, per rabberciare la Provvidenza,
e ce ne volevano delle nasse da acconciare, dei sassi della ferrovia, dellesca a
dieci soldi, e della tela da imbiancare, collacqua sino ai ginocchi e il sole sulla
testa, per fare quarantonze! I Morti erano venuti, e lo zio Crocifisso non faceva
altro che passeggiare per la straduccia, colle mani dietro la schiena, che pareva il
basilisco.
- Questa è la storia che va a finire
collusciere! andava dicendo lo zio Crocifisso con don Silvestro e con don Giammaria
il vicario.
- Dusciere non ci sarà bisogno, zio
Crocifisso, gli rispose padron Ntoni quando venne a sapere quello che andava dicendo
Campana di legno. I Malavoglia sono stati sempre galantuomini, e non hanno avuto bisogno
dusciere.
- A me non me ne importa; rispose lo zio
Crocifisso colle spalle al muro, sotto la tettoia del cortile, mentre stavano accatastando
i suoi sarmenti: Io non so altro che devo esser pagato.
Finalmente, per intromissione del vicario,
Campana di legno si contentò di aspettare a Natale ad esser pagato, prendendosi per
frutti quelle settantacinque lire che Maruzza aveva raccolto soldo a soldo in fondo alla
calza nascosta sotto il materasso.
- Ecco comè la cosa! borbottava
Ntoni di padron Ntoni; lavoriamo notte e giorno per lo zio Crocifisso. Quando
abbiamo messo insieme una lira, ce la prende Campana di legno.
Il nonno, colla Maruzza, si consolavano a
far castelli in aria per lestate, quando ci sarebbero state le acciughe da salare, e
i fichidindia a dieci un grano, facevano dei grandi progetti dandare alla tonnara, o
per la pesca del pesce spada, dove si buscava una buona giornata, e intanto mastro Turi
avrebbe messo in ordine la Provvidenza. I ragazzi stavano attenti, col mento in
mano, a quei discorsi che si facevano sul ballatoio, e dopo cena; ma Ntoni che
veniva da lontano, e il mondo lo conosceva meglio degli altri, si annoiava a sentir quelle
chiacchiere, e preferiva andarsene a girandolare attorno allosteria, dove cera
tanta gente che non faceva nulla, anche lo zio Santoro, i quale era il peggio che ci
potesse essere, faceva quel mestiere leggiero di stendere la mano a chi passava, e
biascicare avemarie; o se ne andava da compare Zuppiddu, col pretesto di vedere a che
stato fosse la Provvidenza, per far quattro chiacchiere con Barbara, la quale
veniva a metter frasche sotto il calderotto della pece, quando cera compare
Ntoni.
- Voi siete sempre in faccende, comare
Barbara, le diceva Ntoni e siete il braccio destro della casa; per questo vostro
padre non vi vuol maritare.
- Non mi vuol maritare con quelli che non
fanno per me, rispondeva Barbara, «pari con pari e statti coi tuoi».
- Io ci starei anchio coi vostri,
per la madonna! se voleste voi, comare Barbara!...
- Che discorsi mi fate, compare
Ntoni. La mamma è a filare nel cortile, e sta a sentirci.
- Dicevo per quelle frasche che sono
verdi, e non vogliono accendere. Lasciate fare a me.
- Che è vero che venite qui per vedere la
Mangiacarrubbe, quando si affaccia alla finestra?
- Io ci vengo qui per tuttaltro,
comare Barbara. Ci vengo per vedere a che stato è la Provvidenza.
- È a buon stato, e il babbo ha detto che
per la vigilia di Natale la metterete in mare.
Come savvicinava la novena di
Natale, i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi
Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casa si ornavano di frasche
e darance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa
che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci. Solo in
casa dei Malavoglia la statua del Buon Pastore rimaneva alloscuro, mentre
Ntoni di padron Ntoni correva a fare il gallo di qua e di là, e Barbara
Zuppiddu gli diceva:
- Almeno ci penserete che ho squagliata la
pece per la Provvidenza, quando sarete in mare?
Piedipapera predicava che tutte le ragazze
se lo rubavano.
- Chi è rubato sono io! piagnucolava lo
zio Crocifisso. Voglio un po vedere donde prenderanno i denari dei lupini, se
Ntoni si marita, e se devono anche dare la dote alla Mena, col censo che hanno sulla
casa, e tutti quegli imbrogli dellipoteca che son saltati fuori allultimo. Il
Natale eccolo qua, ma i Malavoglia ancora non li ho visti.
Padron Ntoni tornava a cercarlo in
piazza, o sotto la tettoia, e gli diceva: - Cosa volete che ci faccia se non ho denari?
Spremete il sasso per cavarne sangue! Aspettatemi sino a giugno, se volete farmi questo
favore, o prendetevi la Provvidenza e la casa del nespolo. Io non ci ho altro.
- Io voglio i miei danari, ripicchiava
Campana di legno colle spalle al muro. Avete detto che siete galantuomini, e che non
pagate colle chiacchiere della Provvidenza e della casa del nespolo.
Egli ci perdeva lanima e il corpo,
ci aveva rimesso il sonno e lappetito, e non poteva nemmeno sfogarsi col dire che
quella storia andava a finire collusciere, perché subito padron Ntoni mandava
Giammaria o il segretario, a domandar pietà, e non lo lasciavano più venire in piazza,
per gli affari suoi, senza metterglisi alle calcagna, sicché tutti nel paese dicevano che
quelli erano denari del diavolo. Con Piedipapera non poteva sfogarsi perché gli
rimbeccava subito che i lupini erano fradici, e che egli faceva il sensale. Ma quel
servizio lì potrebbe farmelo! disse a un tratto fra di sé - e non dormì più quella
notte, tanto gli piacque la trovata - e andò a trovare Piedipapera appena fatto giorno,
che ancora si stirava le braccia e sbadigliava sulluscio. - Voi dovreste fingere che
mi comprate il mio credito, gli disse, così potremmo mandare lusciere dai
Malavoglia, e non vi diranno che fate lusuraio, se volete riavere il vostro denaro,
né che è denaro del diavolo. - Vi è venuta stanotte la bella idea? sghignazzò
Piedipapera, che mi avete svegliato allalba per dirmela? - Son venuto a dirvi pure
per quei sarmenti; se li volete potete venire a pigliarveli. - Allora potete mandare per
lusciere, rispose Piedipapera; ma le spese le fate voi. - Quella buona donna di
comare Grazia sera affacciata apposta in camicia per dire a suo marito: - Cosa è
venuto a confabulare con voi lo zio Crocifisso? Lasciateli stare quei poveri Malavoglia,
che ne hanno tanti dei guai! - Tu va a filare! rispondeva compare Tino. Le donne hanno i
capelli lunghi ed il giudizio corto. - E se ne andò zoppicando a bere lerbabianca
da compare Pizzuto.
- Vogliono dargli il cattivo Natale a quei
poveretti, mormorava comare Grazia colle mani sulla pancia.
Davanti a ogni casa cera la
cappelletta adornata di frasche e darance, e la sera vi accendevano le candele,
quando veniva a suonare la cornamusa, e cantavano la litania che era una festa per ogni
dove. I bambini giocavano ai nocciuoli nella strada, e se Alessi si fermava a guardare
colle gambe aperte, gli dicevano:
- Tu vattene, se non hai nocciuoli per
giocare. - Ora vi pigliano la casa.
Infatti la vigilia di Natale venne apposta
lusciere in carrozza pei Malavoglia, talché tutto il paese si mise in sobbuglio; e
andò a lasciare un foglio di carta bollata sul canterano, accanto alla statua del Buon
Pastore.
- Lavete visto lusciere che è
venuto per i Malavoglia? andava dicendo comare Venera. Ora stanno freschi!
Suo marito, che non gli pareva vero di
aver ragione, allora cominciò a gridare e a strepitare.
- Io lavevo detto, santi del
Paradiso! che quel Ntoni a bazzicare per la casa non mi piaceva!
- Voi state zitto che non sapete nulla!
gli rimbeccava la Zuppidda. Questi sono affari nostri. Le ragazze si maritano così, se no
vi restano sulla pancia, come le casseruole vecchie.
- Che maritare! ora che è venuto
lusciere!
Allora la Zuppidda gli piantava le mani
sulla faccia.
- Che lo sapevate che doveva venire
lusciere? Voi abbaiate sempre a cose fatte, ma un dito, che è un dito, non lo
sapete muovere. Infine lusciere non se la mangia la gente.
Lusciere è vero che non si mangia
la gente, ma i Malavoglia erano rimasti come se li avesse presi un accidente tutti in una
volta, e stavano nel cortile, seduti in cerchio, a guardarsi in viso, e quel giorno
dellusciere non si misero a tavola, in casa dei Malavoglia.
- Sacramento! esclamò Ntoni Stiamo
sempre come pulcini nella stoppa, ed ora mandano lusciere per tirarci il collo.
- Cosa faremo? diceva la Longa
Padron Ntoni non lo sapeva, ma
infine si prese in mano la carta bollata e andò a trovare lo zio Crocifisso coi due
nipoti più grandicelli, per dirgli di prendersi la Provvidenza, che mastro Turi
laveva rattoppata allora allora, e al poveraccio gli tremava la voce come quando gli
era morto il figlio Bastianazzo. - Io non so niente, gli rispose Campana di legno. Io non
centro più. Ho venduto il mio credito a Piedipapera e dovete sbrigarvela con lui,
Piedipapera appena li vide venire in
processione cominciò a grattarsi il capo. - Cosa volete che ci faccia? rispose lui; io
sono un povero diavolo e ho bisogno di quei denari, e della Provvidenza non so che
farne, perché non è il mio mestiere; ma se vuole lo zio Crocifisso vi aiuterò a
venderla. Or ora torno.
Quei poveracci rimasero ad aspettare
seduti sul muricciolo, e senza aver coraggio di guardarsi in faccia; ma gettavano occhiate
lunghe sulla strada donde saspettava Piedipapera, il quale comparve finalmente
adagio adagio - ma quando voleva sapeva arrancare speditamente colla sua gamba storpia. -
Dice che è tutta rotta come una scarpa vecchia; e non sa che farsene; gridò da lontano;
mi dispiace, ma non ho potuto far nulla.
Così i Malavoglia se ne tornarono a casa
colla carta bollata in mano.
Pure qualche cosa bisognava fare, perché
quella carta bollata lì, posata sul canterano, avevano inteso dire, si sarebbe mangiato
il canterano, la casa e tutti loro.
- Qui ci vuole un consiglio di don
Silvestro il segretario, suggerì Maruzza. Portategli quelle due galline là, e qualche
cosa vi saprà dire.
Don Silvestro disse che non cera
tempo da perdere, e li mandò da un bravo avvocato, il dottor Scipioni, il quale stava di
casa in via degli Ammalati, di faccia allo stallatico dello zio Crispino, ed era giovane,
ma quanto a chiacchiere ne possedeva da mettersi in tasca tutti gli avvocati vecchi che
pretendevano cinque onze per aprir la bocca, mentre lui si contentava di venticinque lire.
Lavvocato Scipioni stava facendo
delle spagnolette, e li fece andare e venire due o tre volte, prima di dar loro pratica;
il bello poi era che andavano tutti in processione, lun dietro laltro, e da
principio ci si accompagnava anche la Longa colla bimba in collo, per aiutare a dire le
proprie ragioni, e così perdevano tutti la giornata. Quando poi lavvocato ebbe
letto le carte, e poté capire qualche cosa dalle risposte ingarbugliate che doveva
strappare con le tenaglie a padron Ntoni, mentre gli altri se ne stavano appollaiati
sulle loro scranne senza osare di fiatare, si mise a ridere di tutto cuore, e gli altri
ridevano con lui, senza sapere perché, per ripigliar fiato. - Niente, risposte
lavvocato, non cè da far niente; - e siccome padron Ntoni tornava dire
che era venuto lusciere, - lusciere lasciatelo venire anche una volta al
giorno, così il creditore si stancherà più presto di rimetterci le spese. Non potranno
prendervi nulla, perché la casa è dotale, e per la barca faremo il reclamo in nome di
mastro Turi Zuppiddu. Vostra nuora non centra nella compera dei lupini.
Lavvocato seguitò a parlare senza
sputare, senza grattarsi il capo, per più di venticinque lire, talmente che padron
Ntoni e i suoi nipoti si sentivano venire lacquolina in bocca di parlare anche
loro, di spifferare la loro brava difesa che si sentivano gonfiare in testa; e se ne
andarono intontiti, sopraffatti da tutte quelle ragioni che avevano, ruminando e
gesticolando le chiacchiere dellavvocato per tutta la strada. Maruzza che stavolta
non era andata, come li vide arrivare colla faccia rossa e gli occhi lucenti, si sentì
sgravare di un gran peso anche lei, e si rasserenò in viso aspettando che dicessero quel
che aveva detto lavvocato. Ma nessuno apriva bocca e stavano a guardarsi lun
laltro.
- Ebbene domandò infine Maruzza la quale
moriva dimpazienza.
- Niente! non cè paura di niente!
rispose tranquillamente padron Ntoni.
- E lavvocato?
- Sì, lavvocato lha detto lui
che non ci è paura di niente.
- Ma cosa ha detto? insistè Maruzza.
- Eh, lui sa dirle le cose; un uomo coi
baffi! Benedette quelle venticinque lire!
- Ma infine cosha detto di fare?
Il nonno guardò il nipote, e Ntoni
guardò il nonno.
- Nulla, rispose alfine padron Ntoni
Ha detto di non far nulla.
- Non gli pagheremo niente, aggiunse
Ntoni più ardito, perché non può prenderci né la casa né la Provvidenza...
Non gli dobbiamo nulla.
- E i lupini?
- È vero! e i lupini? ripetè padron
Ntoni.
- I lupini?... Non ce li abbiamo mangiati,
i suoi lupini; non li abbiamo in tasca; e non può prenderci nulla lo zio Crocifisso;
lha detto lavvocato, che ci rimetterà le spese.
Allora successe un momento di silenzio;
intanto Maruzza non sembrava persuasa.
- Dunque ha detto di non pagare?
Ntoni si grattò il capo, e il nonno
soggiunse:
- È vero, i lupini ce li ha dati, e
bisogna pagarli.
Non cera che dire. Adesso che
lavvocato non era più là , bisognava pagarli. Padron Ntoni, scrollando il
capo, borbottava:
- Questo poi no! questo non lhanno
mai fatto i Malavoglia. Lo zio Crocifisso si piglierà la casa, e la barca, e tutto, ma
questo poi no!
Il povero vecchio era confuso; ma la nuora
piangeva in silenzio nel grembiule.
- Allora bisogna andare da don Silvestro;
conchiuse padron Ntoni
E di comune accordo, nonno, nipoti e
nuora, persino la bimba, andarono di nuovo in processione dal segretario comunale, per
chiedergli come dovevano fare per pagare il debito, senza che lo zio Crocefisso mandasse
dellaltre carte bollate, che si mangiavano la casa, la barca e tutti loro. Don
Silvestro, il quale sapeva di legge, stava passando il tempo costruendo una gabbia a
trappola che voleva regalare ai bambini della Signora. Ei non faceva come
lavvocato, e li lasciò chiacchierare e chiacchierare, seguitando ad infilar gretole
nelle cannucce. Infine disse quel che ci voleva: - Orbè, se la gnà Maruzza ci mette la
mano, ogni cosa si sarebbe aggiustata. La povera donna non sapeva indovinare dove dovesse
mettere la sua mano. - Dovete metterla nella vendita, le disse don Silvestro, e rinunziare
allipoteca della dote, quantunque i lupini non li abbiate presi voi. - I lupini li
abbiamo presi tutti! mormorava la Longa, e il Signore ci ha castigati tutti insieme col
prendersi mio marito.
Quei poveri ignoranti, immobili sulle loro
scranne, si guardavano fra di loro, e don Silvestro intanto rideva sotto il naso. Poi
mandò a chiamare lo zio Crocifisso, il quale venne ruminando una castagna secca, giacché
aveva finito allora di desinare, e aveva gli occhietti più lustri del solito.
Dapprincipio non voleva sentirne nulla, e diceva che lui non ci entrava più , e non era
affar suo. - Io sono come il muro basso, che ognuno ci si appoggia e fa il comodo suo,
perché non so parlare con un avvocato, e non so dire le mie ragioni; la mia roba par roba
rubata, ma quel che fanno a me lo fanno a Gesù Crocifisso che sta in croce; e seguitava a
borbottare e brontolare colle spalle al muro, e le mani ficcate nelle tasche; né si
capiva nemmeno quel che dicesse, per quella castagna che ci aveva in bocca. Don Silvestro
sudò una camicia per fargli entrare in testa che infine i Malavoglia non potevano dirsi
truffatori, se volevano pagare il debito, e la vedova rinunziava allipoteca. - I
Malavoglia si contentano di restare in camicia per non litigare; ma se li mettete colle
spalle al muro, cominciano a mandar carta bollata anche loro, e chi sè visto
sè visto. Infine un po di carità bisogna averla, santo diavolone! Volete
scommettere che se continuate a piantare i piedi in terra come un mulo, non avrete niente?
E lo zio Crocifisso allora rispondeva: -
Quando mi prendono da questo lato non so più che dire; - e promise di parlarne a
Piedipapera. - Per riguardo allamicizia io farei qualunque sacrificio. - Padron
Ntoni poteva dirlo, se per un amico avrebbe fatto questo e altro; e gli offrì la
tabacchiera aperta, fece una carezza alla bimba, e le regalò una castagna. - Don
Silvestro conosce il mio debole; io non so dir di no. Stasera parlerò con Piedipapera, e
gli dirò di aspettare sino a Pasqua; purché comare Maruzza ci metta la mano. - Comare
Maruzza non sapeva dove bisognava metterla, la mano, e rispose che ce lavrebbe messa
anche subito. - Allora potete mandare a prendervi quelle fave che mi avete chiesto per
seminarle; - disse poi lo zio Crocifisso a don Silvestro, prima di andarsene.
- Va bene, va bene, rispose don Silvestro;
lo so che per gli amici avete il cuore grande quanto il mare.
Piedipapera davanti alla gente non voleva
sentir parlare di dilazione; e strillava e si strappava i capelli, che lo volevano ridurre
in camicia, e volevano lasciarlo senza pane per tutto linverno, lui e sua moglie
Grazia, dopo che lavevano persuaso a comprare il debito dei Malavoglia, e quelli
erano cinquecento lire luna meglio dellaltra, che sera levate di bocca
per darle allo zio Crocifisso. Sua moglie Grazia, poveretta, spalancava gli occhi, perché
non sapeva di dove li avesse presi quei denari, e metteva buone parole pei Malavoglia, i
quali erano brava gente, e tutti li avevano sempre conosciuti per galantuomini nel
vicinato. Lo zio Crocifisso adesso prendeva anche lui la parte dei Malavoglia. - Han detto
che pagheranno, e se non potranno pagare vi lasceranno la casa. La gnà Maruzza ci
metterà la mano anche lei. Non lo sapete che al giorno doggi per avere il fatto suo
bisogna fare come si può? - Allora Piedipapera sinfilò il giubbone di furia, e se
ne andò via bestemmiando, che facessero pure come volevano, lo zio Crocifisso e sua
moglie, giacché lui non contava per nulla in casa.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi - E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 11 febbraio 1998