Giovanni Verga
I Malavoglia
Capitolo V
La Mena non sapeva nulla che volessero
maritarla con Brasi di padron Cipolla per far passare la doglia alla mamma, e il primo che
glielo disse, qualche tempo dopo, fu compare Alfio Mosca, dinanzi al rastrello
dellorto, che tornava allora da Aci Castello col suo carro tirato dallasino.
Mena rispondeva: - Non è vero, non è vero - ma si confondeva, e mentre egli andava
spiegando il come e il quando laveva sentito dire dalla Vespa, in casa dello zio
Crocifisso, tutta un tratto si fece rossa rossa.
Anche compare Mosca aveva unaria
stralunata, e vedendo in quel modo la ragazza, con quel fazzoletto nero che ci aveva al
collo, se la prendeva coi bottoni del farsetto, si dondolava ora su di un piede e ora su
di un altro, e avrebbe pagato qualche cosa per andarsene. - Sentite, io non ci ho colpa,
lho sentito dire nel cortile di Campana di legno, mentre stavo spaccando il carrubbo
che fu schiantato dal temporale di Santa Chiara, vi rammentate? Adesso lo zio Crocifisso
mi fa fare le faccende di casa, perché non vuol più sentir parlare del figlio della
Locca, dopo che laltro fratello gli fece quel servizio che sapete col carico dei
lupini. La Mena teneva in mano il nottolino del rastrello, ma non si risolveva ad aprire.
- E poi, se non è vero, perché vi fate rossa? Ella non lo sapeva, in coscienza, e girava
e rigirava il nottolino. Quel cristiano lo conosceva soltanto di vista, e non sapeva
altro. Alfio le andava snocciolando la litania di tutte le ricchezze di Brasi Cipolla, il
quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le
ragazze se lo mangiavano cogli occhi. La Mena stava ad ascoltare con tanto docchi
anche lei, e allimprovviso lo piantò con un bel saluto, e se ne entrò
nellorto. Alfio, tutto infuriato, corse a lagnarsi colla Vespa che gli dava a bere
di tali bugie, per farlo litigare colla gente.
- A me lha detto lo zio Crocifisso;
rispose la Vespa. Io non dico bugie!
- Bugie! bugie! borbottò lo zio
Crocifisso. Io non voglio dannarmi lanima per coloro! Lho sentito dire con
questorecchie. Ho sentito pure che la Provvidenza è dotale, e che sulla casa
cè il censo di cinque tarì allanno.
- Si vedrà! si vedrà! un giorno o
laltro si vedrà se ne dite o non ne dite delle bugie, - seguitava la Vespa,
dondolandosi appoggiata allo stipite, colle mani dietro la schiena, e intanto lo guardava
cogli occhi ladri. - Voi altri uomini siete tutti duna pasta, e non cè da
fidarsi.
Lo zio Crocifisso alle volte non ci
sentiva, e invece di abboccar lesca seguitò a saltar di palo in frasca, e a parlare
dei Malavoglia che badavano a maritarsi, ma a quel discorso delle quarantonze non ci
pensavano neppure.
- Eh! saltò su infine la Vespa, perdendo
la pazienza, se dessero retta a voi, a maritarsi non ci penserebbe più nessuno!
- A me non me ne importa che si maritino.
Io voglio la roba mia. Ma del resto non me ne importa.
- Se non ve ne importa a voi, cè a
chi gliene importa! sentite? Che non tutti pensano come voi, a rimandare le cose da oggi a
domani!
- E tu che fretta hai?
- Pur troppo. Voi ci avete tempo, voi; ma
se credete che gli altri vogliano far venire gli anni di San Giuseppe per maritarsi! ...
- Lannata è scarsa, diceva Campana
di legno, e non è tempo di pensare a queste cose.
La Vespa allora si appuntellò le mani sui
fianchi, e sfoderò la lingua come un pungiglione.
- Ora sentite, che questa voglio dirvela!
Alla fin fine la mia roba ce lho, e grazie a Dio non sono in istato di dover
mendicare un marito. O che credete? E se non fosse che mi avevate messo quella pulce
nellorecchio, colle vostre lusinghe, ne avrei trovati cento di mariti, e Vanni
Pizzuto, e Alfio Mosca, e il cugino Cola, che mi stava cucito alla gonnella, prima di
andar soldato, e non mi lasciava legare una calza. Tutti che friggevano dimpazienza,
e non mi avrebbero menato tanto tempo pel naso, da Pasqua a Natale, come avete fatto voi!
Lo zio Crocifisso stavolta si mise la mano
dietro lorecchio, per sentirci, e cominciò a lisciarla con buone parole. - Sì, lo
so che sei una ragazza di giudizio, per questo ti voglio bene, e non sono come quelli che
ti corrono dietro per acchiapparti la chiusa, che poi se la mangerebbero allosteria
della Santuzza.
- Non è vero che mi volete bene,
seguitava ella, respingendolo a gomitate, se fosse vero lo sapreste quel che dovete fare,
e lo vedreste che non ci ho altro per il capo.
Ella gli voltava le spalle corrucciata, e
senza avvedersene andava stuzzicandolo collomero. - Ma di me a voi non ve ne
importa! Lo zio si offese di quel sospetto ingiurioso. - Questo lo dici per farmi far
peccato! cominciò a lamentarsi. Non gliene importava del sangue suo? perché infine ella
era sangue suo, come la chiusa, che era stata sempre della famiglia, e ci sarebbe rimasta,
se suo fratello, buonanima, non avesse pensato a maritarsi e a mettere al mondo la Vespa;
e perciò ei laveva tenuta come la pupilla degli occhi suoi, e pensava sempre al suo
bene. - Senti, le disse, ho pensato di darti il debito dei Malavoglia in cambio della
chiusa, che sono quarantonze, e colle spese e i frutti potrebbero arrivare a
cinquanta, e cè da papparsi la casa del nespolo, che per te ti giova meglio della
chiusa.
- La casa del nespolo tenetevela voi!
saltò su la Vespa. Io mi tengo la mia chiusa e so io cosa devo farne!
Allora lo zio Crocifisso monto in bestia
anche lui, e le disse che lo sapeva cosa voleva farne, che voleva farsela mangiare da quel
pezzente di Alfio Mosca, il quale le faceva locchio di triglia per amor della
chiusa, e non voleva vederselo più per la casa e nel cortile, che alla fin fine ci aveva
sangue nelle vene anche lui!
- Sta a vedere che ora mi fate il geloso!
esclamò la Vespa.
- Sicuro che son geloso! esclamò lo zio
Crocifisso, geloso come una bestia! e voleva pagar cinque lire per fargli rompere le ossa
ad Alfio Mosca.
Ma lui non lo faceva perché era un
cristiano col timore di Dio, e al giorno doggi chi è galantuomo è gabbato, ché la
buona fede sta di casa in via dei minchioni, dove si vende la corda per impiccarsi; la
prova era che aveva un bel passare e ripassare davanti la casa dei Malavoglia, che perfino
la gente si metteva a ridere, e diceva che ci faceva il viaggio alla casa del
nespolo come quelli che hanno fatto il voto alla Madonna dellOgnina. I Malavoglia lo
pagavano a furia di sberrettate; e i ragazzi, appena lo vedevano spuntare in fondo alla
stradicciuola, scappavano come se vedessero il ba-bau; ma sinora nessuno di loro gli
parlava di quei denari dei lupini e i Morti eran lì che venivano, mentre padron
Ntoni pensava a maritare la nipote.
Egli andava a sfogarsi con Piedipapera, il
quale laveva messo in quellimbroglio, diceva agli altri; però gli altri
dicevano che ci andava per fare locchiolino alla casa del nespolo, e la Locca che
gironzolava sempre da quelle parti, perché le avevano detto che il suo Menico era andato
nella barca dei Malavoglia, e credeva che dovesse trovarlo ancora là, appena vedeva suo
fratello Crocifisso, levava le strida al pari di un uccellaccio del malaugurio, e gli
smuoveva la bile anche lei. - Questa qui mi fa far peccato! borbottava Campana di legno.
- I Morti, non sono ancora venuti,
rispondeva Piedipapera gesticolando; abbiate pazienza. Volete succhiargli il sangue a
padron Ntoni? Già non avete perso nulla, perché i lupini eran tutti fradici, lo
sapete!
Ei non sapeva nulla; sapeva soltanto che
il sangue suo era nelle mani di Dio. E i ragazzi dei Malavoglia non osavano giocare sul
ballatoio quando egli passava davanti alla porta di Piedipapera.
E se incontrava Alfio Mosca, col carro
dellasino, che gli faceva di berretto anche lui, colla faccia tosta, si sentiva
bollire il sangue, per la gelosia della chiusa. - Mi uccella la nipote per portarmi via la
chiusa! borbottava con Piedipapera. Un fannullone! che non sa far altro che andare attorno
col carro dellasino, e non possiede altro. Un morto di fame! Un birbante che le dà
ad intendere dessere innamorato del suo grugno di porco, a quella brutta strega di
mia nipote, per amor della roba.
E quando non aveva altro da fare andava a
piantarsi davanti allosteria della Santuzza, accanto allo zio Santoro, che sembrava
un altro poverello come lui, e non ci andava per spendere un soldo di vino, ma si metteva
a guaiolare come lo zio Santoro, tale quale come se chiedesse la limosina anchesso;
e gli diceva: - Sentite, compare Santoro, se vedete da queste parti mia nipote la Vespa,
quando Alfio Mosca viene a portare il carico del vino a vostra figlia la Santuzza, state a
vedere cosa fanno fra di loro; - e lo zio Santoro, col rosario in mano e gli occhi spenti,
gli diceva di sì, che non dubitasse, che era lì per questo, e non passava una mosca che
ei non lo sapesse; tanto che sua figlia Mariangela gli diceva: - A voi cosa ve ne importa?
Perché state a mischiarvi nei fatti di Campana di legno? Già un soldo, che è un soldo,
non lo spende allosteria, e sta davanti alluscio per niente.
Però Alfio Mosca non ci pensava nemmeno
alla Vespa, e se ci aveva qualcheduna per la testa, era piuttosto comare Mena di padron
Ntoni, che la vedeva ogni giorno nel cortile o sul ballatoio, o allorché andava a
governare le bestie nel pollaio, e se udiva chiocciare le due galline che le aveva
regalato si sentiva una certa cosa dentro di sé, e gli sembrava che ci stesse lui in
persona nel cortile del nespolo, e se non fosse stato un povero carrettiere dal carro
dellasino, avrebbe voluto chiedere in moglie la SantAgata, e portarsela via
nel carro dellasino. Come pensava a tutto ciò si sentiva in testa tante cose da
dirle, e quando poi la vedeva non sapeva come muover la lingua, e guardava il tempo che
faceva, e le parlava del carico di vino che aveva preso per la Santuzza, e dellasino
che portava quattro quintali meglio di un mulo, povera bestia.
Mena laccarezzava colla mano, la
povera bestia, ed Alfio sorrideva come se gliele facessero a lui quelle carezze. - Ah! se
il mio asino fosse vostro, comare Mena! - Mena crollava il capo e il seno le si gonfiava
pensando che sarebbe stato meglio se i Malavoglia avessero fatto i carrettieri, ché il
babbo non sarebbe morto a quel modo.
- «Il mare è amaro, ripeteva, ed il
marinaio muore in mare».
Alfio che aveva fretta dandare a
scaricare il vino della Santuzza, non sapeva risolversi a partire, e rimaneva a
chiacchierare della bella cosa che era il fare loste, un mestiere col quale si ha
sempre il suo guadagno, e se aumenta il prezzo del mosto basta crescere lacqua nei
barili. - Lo zio Santoro si è fatto ricco in tal modo, ed ora chiede lelemosina per
passatempo.
- E voi ci guadagnate bene, coi carichi
del vino? domandò la Mena.
- Sì, nellestate, quando si può
andare anche di notte; allora mi busco una bella giornata. Questa povera bestia se lo
guadagna il pane. Quando ci avrò messi da parte un po di soldi comprerò un mulo, e
potrò tirarmi su a fare il carrettiere davvero, come compare Cinghialenta.
La ragazza era tutta intenta a quello che
diceva compare Alfio, e intanto lulivo grigio stormiva come se piovesse, e seminava
la strada di foglioline secche e accartocciate. - Ecco che se ne viene linverno, e
tutto ciò non si potrà fare prima dellestate, osservò compar Alfio. Mena cogli
occhi seguiva lombra delle nuvole che correva per i campi, come fosse lulivo
grigio che si dileguasse; così correvano i pensieri della sua testa, e gli disse: -
Sapete, compare Alfio, di quella storia del figlio di padron Fortunato Cipolla non ce
nè nulla, perché prima dobbiamo pagare il debito dei lupini.
- Io ci ho piacere, rispose Mosca, ché
così non ve ne andate dal vicinato.
- Ora poi che torna Ntoni da
soldato, col nonno e tutti gli altri, ci aiuteremo per pagare il debito. La mamma ha preso
della tela da tessere per la Signora.
- Bel mestiere anche quello dello
speziale! osservò Mosca.
In questa spuntò nella viottola comare
Venera Zuppidda, col fuso in mano. - Oh! Dio! esclamò Mena, vien gente! e scappò dentro.
Alfio frustò lasino, e se ne voleva
andare anche lui. - Oh, compare Alfio, che fretta avete? gli disse la Zuppidda; volevo
domandarvi se il vino che portate alla Santuzza è della stessa botte di quello della
settimana scorsa.
- Io non lo so; il vino me lo danno nei
barili.
- Aceto da fare linsalata! rispose
la Zuppidda, un vero veleno; così si è fatta ricca la Santuzza, e onde gabbare il mondo
si è messo sul petto labitino di Figlia di Maria. Belle cose che copre
quellabitino! Al giorno doggi per andare avanti bisogna fare quel mestiere
là; se no si va indietro al modo dei gamberi, come i Malavoglia. Ora hanno pescato la Provvidenza,
lo sapete?
- No, io non ci sono stato qui; ma comare
Mena non sapeva nulla.
- Hanno portato adesso la notizia, e
padron Ntoni è corso verso il Rotolo, per vederla che stanno rimorchiandola verso
il paese, e pareva che ci avesse le gambe nuove, il vecchio. Adesso colla Provvidenza
i Malavoglia potranno tirarsi su unaltra volta, e la Mena sarà di nuovo un bel
partito.
Alfio non rispose, perché la Zuppidda lo
guardava fisso, co suoi occhietti gialli, e disse che aveva fretta di andare a
consegnare il vino alla Santuzza. - A me non vuole dir nulla! borbottò la Zuppidda. Come
se non li avessi visti co miei occhi. Vogliono nascondere il sole colla rete.
La Provvidenza lavevano
rimorchiata a riva tutta sconquassata, così come lavevano trovata di là dal Capo
dei Mulini, col naso fra gli scogli, e la schiena in aria. In un momento era corso sulla
riva tutto il paese, uomini e donne, e padron Ntoni, mischiato nella folla, guardava
anche lui, come gli altri curiosi. Alcuni davano pure un calcio nella pancia della Provvidenza,
per far suonare comera fessa, quasi non fosse più di nessuno, e il poveretto si
sentiva quel calcio nello stomaco. - Bella provvidenza che avete! gli diceva don Franco,
il quale era venuto in maniche di camicia, e col cappellaccio in testa, a dare
unocchiata anche lui, fumando la sua pipa.
- Questa ora è buona da ardere, conchiuse
padron Fortunato Cipolla; e compare Mangiacarrubbe, il quale era pratico del mestiere,
disse pure che la barca aveva dovuto sommergersi tutta un tratto, e senza che chi
cera dentro avesse avuto tempo di dire «Cristo, aiutami!», perché il mare aveva
scopato vele, antenne, remi e ogni cosa; e non aveva lasciato un cavicchio di legno che
tenesse fermo.
- Questo era il posto del babbo, dove
cè la forcola nuova, diceva Luca il quale sera arrampicato sulla sponda, e
qui sotto cerano i lupini.
Ma di lupini non ne rimaneva uno solo,
ché il mare aveva tutto lavato e ripulito. Per questo, Maruzza non si era mossa di casa,
e non voleva più vedere la Provvidenza finché ci aveva gli occhi aperti.
- La pancia è buona, e se ne può ancora
fare qualche cosa, sentenziò alfine mastro Zuppiddu il calafato, e dava anche lui dei
calci coi suoi piedacci nella Provvidenza. Con quattro lapazze ve la metto in mare
unaltra volta. Non sarà più una barca che potrà resistere al mare grosso,
unondata di fianco la sfonderebbe come una botte fradicia. Ma per la pesca di
scoglio, e per la buona stagione potrà servire ancora. Padron Cipolla, compare
Mangiacarrubbe, e compare Cola stavano ad ascoltare senza dir parola.
- Sì, conchiuse infine padron Fortunato
gravemente. Piuttosto che buttarla sul fuoco ...
- Io ci ho piacere! diceva lo zio
Crocifisso che era lì anche lui a vedere, colle mani dietro la schiena. Siamo cristiani,
e bisogna godere del bene altrui; il proverbio dice: «Augura bene al tuo vicino, ché
qualche cosa te ne viene».
I ragazzi serano istallati nella Provvidenza
insieme agli altri monelli che volevano arrampicarvisi anche loro. - Quando avremo
rattoppata per bene la Provvidenza, diceva Alessi, sarà come la Concetta
dello zio Cola; e si davano un gran da fare e sbuffavano e si affannavano a tirare e a
spingere anche loro la barca davanti alla porta di mastro Zuppiddu il calafato, dove
cerano i sassi grossi per tener su le barche e il ramaiouolo pel catrame, e una
catasta di coste e di fasciame appoggiata al muro.
Alessi era sempre accapigliato coi ragazzi
che avrebbero voluto montare sulla barca, e aiutare a soffiare nel fuoco sotto la caldaia
della pece anche loro, e quando le buscava minacciava piagnucolando:
- Ora che viene mio fratello Ntoni
da soldato! ...
Infatti Ntoni sera fatto
mandare le carte, e aveva ottenuto il suo congedo, sebbene don Silvestro il segretario
avesse assicurato che se ci stava altri sei mesi fare il soldato, avrebbe liberato suo
fratello Luca dalla leva. Ma Ntoni non voleva starci più nemmeno sei giorni, ora
che gli era morto il padre; Luca avrebbe fatto come lui, che sera pianta la sua
disgrazia laggiù dove si trovava, e avrebbe voluto non far più niente, quando gli
recarono la notizia del babbo, se non fosse stato per quei cani di superiori.
- Per me, disse Luca, ci vado volentieri a
fare il soldato, in cambio di Ntoni. Così come tornerà lui, potrete mettere in
mare la Provvidenza, e non ci sarà più bisogno di nessuno.
- Questo è proprio un Malavoglia nato
sputato! osservava padron Ntoni gongolante. Tutto suo padre Bastianazzo, che aveva
un cuore grande come il mare, e buono come la misericordia di Dio.
Una sera, dopo che tornarono le barche dal
mare, padron Ntoni arrivò a casa trafelato, e disse: - Cè qui la lettera; me
lha data or ora compare Cirino, mentre andavo a portare le nasse in casa dei
Pappafave. La Longa si fece bianca come un fazzoletto, dalla contentezza, e corsero tutti
in cucina a veder la lettera.
Ntoni arrivò col berretto
sullorecchio e la camicia colle stelle, che la mamma non sapeva saziarsi di
toccargliela, e gli andava dietro in mezzo a tutti i parenti e gli amici, mentre tornavano
dalla stazione; in un momento la casa e il cortile si riempirono di gente, come quando era
morto Bastianazzo, tempo addietro, che nessuno ci pensava più. A certe cose ci pensano
sempre soltanto i vecchi, quasi fosse stato ieri - tanto che la Locca era sempre lì
davanti alla casa dei Malavoglia, seduta contro il muro, ad aspettar Menico, e voltava il
capo di qua e di là per la straduccia, ad ogni passo che sentiva.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi - E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 11 febbraio 1998