Italo Svevo
(Ettore Schmitz)
La coscienza di Zeno
Io sono il dottore di cui
in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi
s'intende, sa dove piazzare l'antipatia che il paziente mi dedica.
Di psico-analisi non parlerò perché qui
entro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a
scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arriccerranno il naso a tanta
novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si
rinverdisse, che l'autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la
mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati
maggiori se il malato sul piú bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del
frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie.
Le pubblico per vendetta e spero gli
dispiaccia. Sappia però ch'io sono pronto di dividere con lui i lauti onorarii che
ricaverò da questa pubblicazione a patto egli riprenda la cura. Sembrava tanto curioso di
se stesso! Se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento delle tante
verità e bugie ch'egli ha qui accumulate!...
DOTTOR S.
Vedere la mia infanzia?
Piú di dieci lustri me ne separano e i miei occhi presbiti forse potrebbero arrivarci se
la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli d'ogni genere, vere alte
montagne: i miei anni e qualche mia ora.
Il dottore mi raccomandò di non ostinarmi
a guardare tanto lontano. Anche le cose recenti sono preziose per essi e sopra tutto le
immaginazioni e i sogni della notte prima. Ma un po' d'ordine pur dovrebb'esserci e per
poter cominciare ab ovo, appena abbandonato il dottore che di questi giorni e per
lungo tempo lascia Trieste, solo per facilitargli il compito, comperai e lessi un trattato
di psico-analisi. Non è difficile d'intenderlo, ma molto noioso.
Dopo pranzato, sdraiato comodamente su una
poltrona Club, ho la matita e un pezzo di carta in mano. La mia fronte è spianata perché
dalla mia mente eliminai ogni sforzo. Il mio pensiero mi appare isolato da me. Io lo vedo.
S'alza, s'abbassa... ma è la sua sola attività. Per ricordargli ch'esso è il pensiero e
che sarebbe suo compito di manifestarsi, afferro la matita. Ecco che la mia fronte si
corruga perché ogni parola è composta di tante lettere e il presente imperioso risorge
ed offusca il passato.
Ieri avevo tentato il massimo abbandono.
L'esperimento finì nel sonno piú profondo e non ne ebbi altro risultato che un grande
ristoro e la curiosa sensazione di aver visto durante quel sonno qualche cosa
d'importante. Ma era dimenticata, perduta per sempre.
Mercé la matita che ho in mano, resto
desto, oggi. Vedo, intravvedo delle immagini bizzarre che non possono avere nessuna
relazione col mio passato: una locomotiva che sbuffa su una salita trascinando delle
innumerevoli vetture; chissà donde venga e dove vada e perché sia ora capitata qui!
Nel dormiveglia ricordo che il mio testo
asserisce che con questo sistema si può arrivar a ricordare la prima infanzia, quella in
fasce. Subito vedo un bambino in fasce, ma perché dovrei essere io quello? Non mi
somiglia affatto e credo sia invece quello nato poche settimane or sono a mia cognata e
che ci fu fatto vedere quale un miracolo perché ha le mani tanto piccole e gli occhi
tanto grandi. Povero bambino! Altro che ricordare la mia infanzia! Io non trovo neppure la
via di avvisare te, che vivi ora la tua, dell'importanza di ricordarla a vantaggio della
tua intelligenza e della tua salute. Quando arriverai a sapere che sarebbe bene tu sapessi
mandare a mente la tua vita, anche quella tanta parte di essa che ti ripugnerà? E
intanto, inconscio, vai investigando il tuo piccolo organismo alla ricerca del piacere e
le tue scoperte deliziose ti avvieranno al dolore e alla malattia cui sarai spinto anche
da coloro che non lo vorrebbero. Come fare? È impossibile tutelare la tua culla. Nel tuo
seno - fantolino! - si va facendo una combinazione misteriosa. Ogni minuto che passa vi
getta un reagente. Troppe probabilità di malattia vi sono per te, perché non tutti i
tuoi minuti possono essere puri. Eppoi - fantolino! - sei consanguineo di persone ch'io
conosco. I minuti che passano ora possono anche essere puri, ma, certo, tali non furono
tutti i secoli che ti prepararono.
Eccomi ben lontano dalle immagini che
precorrono il sonno. Ritenterò domani.
© 1996 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe Bonghi -
bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 14 febbraio 1998