Alessandro Manzoni

Adelchi

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Atto Terzo

       Longobardi Desiderio, re
Adelchi, suo figlio, re
Ermengarda, figlia di Desiderio
Ansberga, figlia di Desiderio, badessa
       Duchi Longobardi Baudo, duca di Brescia
Giselberto, duca di Verona
Ildechi
Indolfo
Farvaldo
Ervigo
Guntigi
    Longobardi - Scudieri Vermondo, scudiero di Desiderio
Anfrido, scudiero di Adelchi
Teudi, scudiero di Adelchi
Amri, scudiero di Guntigi
Svarto, soldato
      Franchi

Carlo, re

Albino, legato
      Conti Franchi Rutlando
Arvino
      Latini Pietro, legato d'Adriano Papa
Martino, diacono di Ravenna
      Duchi, scudieri, soldati longobardi;  donzelle, suore del monastero di San Salvatore;
      conti e vescovi franchi;  un araldo.

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Campo de' Longobardi.
Piazza dinanzi alla tenda di Adelchi.
Adelchi, Anfrido.

ANFRIDO

(che sopraggiunge)

Signor!

ADELCHI

Diletto Anfrido; ebben, che fanno
Codesti Franchi? non dan segno ancora
Le tende al tutto di levar?

 
 
ANFRIDO

                                         Nessuno
Finora: immoti tuttavia si stanno,
Quali sull'alba le vedesti, quali
Son da tre dì, poi che le prime schiere
Cominciar la ritirata. Una gran parte
Scorsi del vallo, esaminando; ascesi
Una torre, e guatai; stretti li vidi
In ordinanza, folti, all'erta, in atto
Di chi assalir non pensa, ed in sospetto
Sta d'un assalto; e più si guarda, quanto
Più scemato è di forze; e senza offesa
Ritrarsi agogna, ed il momento aspetta.

 
 
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10
 
 
 

ADELCHI

E lo potrà, pur troppo! Ei parte, il vile
Offensor d'Ermengarda, ei che giurava
Di spegner la mia casa; ed io non posso
Spingergli addosso il mio detrier, tenerlo,
Dibattermi con esso, e riposarmi
Sull'armi sue! Nol posso! In campo aperto
Stargli a fronte, non posso! in queste Chiuse,
La fè de' pochi che a guardarle io scelsi
In cor di quelli ch'io prendea tra i pochi,
Compagni alle sortite, alla salvezza
Potè bastar d'un regno: i traditori
Stetter lontani dalla pugna, inerti,
Ma contenuti. In campo aperto, al Franco
Abbandonato da costor sarei,
Sol coi pochi. O vil trionfo! Il messo
Che mi dirà: Carlo è partito, un lieto
Annunzio mi darà: gioia mi fia
Che lunge ei sia dalla mia spada!
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ANFRIDO                                                    O dolce
Signor, ti basti questa gloria. Come
Un vincitor sopra la preda, ei scese
Su questo regno, e vinto or torna: ei vinto
Si confessò quando implorò la pace,
Quando il prezzo ne offerse; e tu sei quello
Che l'hai respinto. Il padre tuo n'esulta
Tutto il campo il confessa; i fidi tuoi
Alteri van della tua gloria, alteri
Di dividerla teco; e quei codardi
Che a non amarti si dannar, temerti
Dovranno or più che mai.
 
 
 
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ADELCHI                                          La gloria? il mio
Destino è d'agognarla, e di morire
Senza averla gustata. Ah no! codesta
Non è ancor gloria, Anfrido. Il mio nemico
Parte impunito; a nuove imprese ei corre;
Vinto in un lato, ei di vittoria altrove
Andar può in cerca; ei che su un popol regna
D'un sol voler, saldo, gittato in uno,
Siccome il ferro del suo brando; e in pugno
Come il brando lo tiensi. Ed io sull'empio
Che m'offese nel cor, che per ammenda
Il mio regno assalì, compier non posso
La mia vendetta! Un'altra impresa, Anfrido,
Che sempre increbbe al mio pensier, né giusta
Né gloriosa, si presenta; e questa
Certa ed agevol fia.
 
 
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ANFRIDO

                                Torna agli antichi
Disegni il re?

     
ADELCHI

                       Dubbiar ne puoi? Securo
Dalle minacce d'esti Franchi, incontro
L'apostolico sire il campo tosto
Ei moverà: noi guiderem sul Tebro
Tutta Longobardia, pronta, concorde
Contro gl'inermi, e fida allor che a certa
E facil preda la conduci. Anfrido,
Qual guerra! e qual nemico! Ancor ruine
Sopra ruine ammucchierem: l'antica
Nostr'arte è questa: ne' palagi il foco
Porremo e ne' tuguri: uccisi i primi,
I signori del suolo, e quanti a caso
Nell'asce nostre ad inciampar verranno,
Fia servo il resto, e tra di voi diviso;
E ai più sleali e più temuti, il meglio
Toccherà della preda. — Oh! mi parea
Pur mi parea che ad altro io fossi nato,
Che ad esser capo di ladron; che il cielo
Su questa terra altro da far mi desse
Che, senza rischio e senza onor, guastarla.
— O mio diletto! O de' miei giorni primi,
De' giochi miei, dell'armi poi, de' rischi
Solo compagno e de' piacer; fratello
Della mia scelta, innanzi a te soltanto
Tutto vola sui labbri il mio pensiero.
Il mio cor m' ange, Anfrido; ei mi comanda
Alte e nobil cose; e la fortuna
Mi condanna ad inique; e strascinato
Vo per la via ch'io non mi scelsi, oscura,
Senza scopo; e il mio cor s'inaridisce,
Come il germe caduto in rio terreno
E balzato dal vento.

 
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ANFRIDO

                                Alto infelice!
Reale amico! il tuo fedel t'ammira,
E ti compiange. Toglierti la tua
Splendida cura non poss'io, ma posso
Teco sentirla almeno. Al cor d'Adelchi
Dir che d'omaggi, di potenza e d'oro
Sia contento, il poss'io? dargli la pace
De' vili, il posso? e lo vorrei, potendo?
— Soffri e sii grande: il tuo destino è questo,
Finor: soffri, ma spera: il tuo gran corso
Comincia appena; e chi sa dir, quai tempi,
Quali opre il cielo ti prepara? il cielo
Che re ti fece, ed un tal cor ti diede.

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SCENA SECONDA

Adelchi, Desiderio.
(Anfrido si ritira)

DESIDERIO Figlio, a te, rege qual son io, m'è tolto
Esser largo d'onor: farti più grande
Nessun mortale il può; ma un premio io tengo
Caro alla tua pietà, la gioia e l'alte
Lodi d'un padre. Salvator d'un regno,
La tua gloria or comincia: altro piú largo
E agevol campo le si schiude. I dubbi,
Ed i timor, che a' miei disegni un giorno
Tu frapponevi, ecco, gli ha sciolti il tuo
Braccio; ogni scusa il tuo valor ti fura.
Dissipator di Francia! io ti saluto
Conquistator di Roma: al nobil serto
Che non intero mai passò sul capo
Di venti re, tu di tua man porrai
L'ultima fronda, e la più bella.
 
 
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ADELCHI

                                              A quale
Tu vogli impresa, il tuo guerriero, o padre,
Ubbidiente seguiratti.

 
120
DESIDERIO

                                   E a tanto
Acquisto, o figlio, ubbidienza sola
Spinger ti può?

 
 
ADELCHI

                          Questa è in mia mano; e intera
L'avrai, fin ch'io respiro.


DESIDERIO                                       Ubbidiresti
Biasmando?

ADELCHI                    Ubbidirei.
DESIDERIO                                       Gloria e tormento
Della canizie mia, braccio del padre
Nella battaglia, e ne' consigli inciampo!
Sempre così, sempre fia d'uopo a forza
Traggerti alla vittoria?
 
 
125
 

SCENA TERZA

Uno Scudiero frettoloso e atterrito, e detti.

LO SCUDIERO                                        I Franchi! i Franchi!
DESIDERIO Che dici, insano?
UN ALTRO SCUDIERO

                            I Franchi, o re.

DESIDERIO

                                                    Che Franchi?

(la scena s'affolla di Longobardi fuggitivi. Entra Baudo)

 

 

ADELCHI

Baudo, che fu?

BAUDO

                          Morte e sventura! Il campo
È invaso e rotto d' ogniparte: al dorso
Piombano i Franchi ad assalirci.

 
130
DESIDERIO

                                                  I Franchi!
Per qual via?


BAUDO                        Chi lo sa?
ADELCHI

                                         Corriamo; ei fia
Un drappello sbandato.

(in atto di partire)


 

BAUDO

                                         Un'oste intera:
Gli sbandati siam noi; tutto è perduto.


DESIDERIO

Tutto è perduto?

ADELCHI

                            Ebben, compagni, i Franchi?
Non siam noi qui per essi? Andiam: che importa
Da che parte sian giunti? I nostri brandi,
Per riceverli, abbiamo. I brandi in pugno!
Ei gli han provati: è una battaglia ancora:
Non v'è sorpresa pel guerrier: tornate;
Via, Longobardi, indietro; ove correte,
Per Dio? La via che avete presa è infame:
Il nemico è di là. Seguite Adelchi.

(entra Anfrido)

Anfrido!

135
 
 
 
 
140
 
 

 

 

ANFRIDO

                 O re, son teco.

ADELCHI

(avviandosi)

                                           O padre; accorri,
Veglia alle Chiuse.

(parte seguito da Anfrido, da Baudo e da alcuni Longobardi)

 


 

DESIDERIO

(ai fuggitivi che attraversano la scena)

                                  Sciagurati! almeno
Alle Chiuse con me: se tanto a core
Vi sta la vita, ivi son torri e mura
Da porla in salvo.

(sopraggiungono soldati fuggitivi dalla parte opposta a quella da cui è partito Adelchi)

 

145
 
 

 

UN SOLDATO FUGGITIVO

                              O re, tu qui? Deh! fuggi.

(attraversa le scene)

 

 

DESIDERIO

Infame! al re questo consiglio? E voi
Da chi fuggite? In abbandon le Chiuse
Voi lasciate così? Che fu? Viltade
V'ha tolto il senno.

(i soldati continuano a fuggire. Desiderio appunta la spada al petto d'uno di essi, e lo ferma)

                                Senza cor, se il ferro
Fuggir ti fa, questo è pur ferro, e uccide
Come quello de' Franchi. Al re favella:
Perché fuggite dalle Chiuse?

 
150
 
 

 
 
 

 


 
 

SOLDATI

                                             I Franchi
Dall'altra parte hanno sorpreso il campo;
Gli abbiam veduti dalle torri. I nostri
Son dispersi.

155
 
 
DESIDERIO

                      Tu menti. Il figliuol mio
Gli ha radunati, e li conduce incontro
A que' pochi nemici. Indietro!



SOLDATI

                                               O sire,
Non è più tempo; e' son pochi; e' giungono;
Scampo non v'è: schierati ei sono; e i nostri
Chi qua, chi là, senz'arme, in fuga: Adelchi
Non li raduna: siam traditi.

160
DESIDERIO

(ai fuggitivi che s'affollano)

                                           Oh vili!
Alle Chiuse salviamci; ivi a difesa
Restar si può.

 

 
165

UN SOLDATO

                        Sono deserte: i Franchi
Le passeranno; e noi siam posti intanto
Tra due nemici: un piccol varco appena
Resta alla fuga: or or fia chiuso.

 
 
 
DESIDERIO

                                                Ebbene
Moriam qui da guerrier.


UN ALTRO SOLDATO

                                     Siamo traditi,
Siam venduti al macello.

170
UN ALTRO SOLDATO

                                      In giusta guerra
Morir vogliam, come a guerrer conviensi,
Non isgozzati a tradimento.

 
 
ALTRO SOLDATO

                                          I Franchi!

MOLTI SOLDATI

Fuggiamo !

DESIDERIO

                    Ebben correte, anch'io con voi
Fuggo: è destin di chi comanda ai tristi.

(s'avvia coi fuggitivi)

 
175

 

SCENA QUARTA

Parte del campo abbandonato da' Longobardi sotto alle Chiuse.
Carlo circondato da Conti franchi, Svarto.

CARLO

Ecco varcate queste Chiuse. A Dio
Tutto l'onor. Terra d'Italia, io pianto
Nel tuo sen questa lancia, e ti conquisto.
E una vittoria senza pugna. Eccardo
Tutto ha già fatto.

(a uno de' Conti)

                               Su quel colle ascendi,
Guarda se vedi la sua schiera, e tosto
Vieni a darmene avviso.

(il Conte parte)

 
 
 
 
 

 

 

180
 

 

SCENA QUINTA

Rutlando, e detti.

CARLO

                                           E che? Rutlando,
Tu riedi dal conflitto?

 
RUTLANDO

                                  O re, ti chiamo
In testimonio, e voi Conti, che in questo
Vil giorno il brando io non cavai: ferisca
Oggi chi vuol: gregge atterrito e sperso,
Io non l'inseguo.

 
 
185
 
CARLO

                            E non trovasti alcuno
Che mostrasse la fronte?


RUTLANDO

                                        Incontro io vidi
Un drappello venirmi, ed alla testa
Più duchi avea: sopra lor corsi; e quelli
Calar tosto i vessilli, e fecer segni
Di pace, e amici si gridaro. — Amici?
Noi l' eravam più assai, quando alle Chiuse
Ci scontravam. — Chiesero il re; le spalle
Lor volsi; or li vedrai. No; s'io sapea
A qual nemico si venia, per certo
Mosso di Francia non sarei.

 
 
190
 
 
 
 
195
 
CARLO

                                            T'accheta
Prode tra' prodi miei. Bello è d'un regno,
Sia comunque, l'acquisto; in lungo, il vedi,
Non andrà questo; e non temer che manchi
Da far: Sassonia non è vinta ancora.

(entra il Conte spedito da Carlo)

 
 
 
200

 

CONTE

(a Carlo)

Eccardo è in campo, e verso noi s'avanza
Ei procede in battaglia: i Longobardi
Tra il nostro campo e il suo, sfilati in folla,
Sfuggono a destra ed a sinistra: il piano,
Che da lui ci divide, or or fia sgombro.

  


 
 
205

CARLO

Esser dovea così.

CONTE

                            Vidi un drappello,
Che s'arendette ai nostri; e a questa volta
Venia correndo.

 
 
UN ALTRO CONTE

                          È qui

CARLO

                                     Svarto, son quelli
Che m'annunziasti?

SVARTO

                              Il son. — Compagni!

SCENA SESTA

Ildechi, ed altri Duchi, Giudici, Soldati longobardi, e detti.

ILDECHI

                                                         O Svarto,
Il re!

210
CARLO

          Son desso.

ILDECHI

(s'inginocchia e mette le mani tra quelle di Carlo)

                              O re de' Franchi e nostro!
Nella tua man vittoriosa accogli
La nostra man devota, e dalla bocca
De' Longobardi tuoi l'omaggio accetta.
A te promesso da gran tempo.

 


 
 
 
215

CARLO

                                               Svarto
Conte di Susa...


SVARTO

                       O re, qual grazia?

CARLO

                                                    Il nome
Dimmi di questi a me devoti.


SVARTO

                                             Il duca
Di Trento Ildechi, di Cremona Ervigo,
Ermenegildo di Milano, Indolfo
Di Pisa, Vila di Piacenza: questi
Giudici son; questi guerrieri.

 
 
 
220
CARLO

                                            Alzatevi,
Fedeli miei, giudici e duchi, ognuno
Nel grado suo, per ora. I primi istanti
Che di riposo avremo, io li destino
Al guiderdon de' vostri merti: il tempo
Questo è l'oprar. Prodi Fedeli, ai vostri
Fratei tornate; dite lor, che ad una
Gente germana, di german guerrieri
Capo, guerra io non porto: una famiglia
Riprovata dal ciel, del solio indegna,
A balzarnela io venni. Al vostro regno
Non fia mutato altro che il re. Vedete
Quel sol? Qualunque, in pria ch'ei scenda, omaggio
In mia mano a far venga, o de' Fedeli
Franchi, o di voi, nel grado suo serbato,
Mio Fedel diverrà. Chi a me dinanzi
Tragga i due che fur regi, un premio aspetti
Pari all'opra.

(i Longobardi partono)

 
 
 
 
225
 
 
 
 
230
 
 
 
 
235
 
 

 

CARLO

(a Rutlando in disparte)

                        Rutlando, ho io chiamati
Prodi costor?

 


RUTLANDO

                      Pur troppo.

CARLO

Errato ha il labbro
Del re. Questa parola ai Franchi miei
In guiderdon la serbo. Oh! possa ognuno
Dimenticar ch'io proferita or l'abbia.

(s'avvia)

 
240
 

 

SCENA SETTIMA

Anfrido ferito, portato da due Franchi, e detti.

RUTLANDO

Ecco un nemico. Ove si pugna?

UN FRANCO

                                                   Il solo
Che pugnasse, è costui.

CARLO

                                      Solo?

IL FRANCO

                                                  Gran parte
Gettan l'arme, e si danno; in fuga a torme
Altri ne van. Lento ritrarsi e solo
Costui vedemmo, che alle barde, all'armi,
Uom d'alto affar parea: quattro guerrieri
Da un drappel ci spiccammo, e a tutta briglia
Sull'orme sue, pei campi. Egli inseguito
Nulla affrettò della sua fuga; e quando
Sopra gli fummo, si rivolse. Arrenditi
Gli gridiamo; ei ne affronta: al più vicino
Vibra l'asta, e lo abbatte: la ritira,
Prostra il secondo ancor, ma nello stesso
Ferir, percosso dalle nostre ei cadde.
Quando fu al suol, tese le mani in atto
Di supplicante, e ci pregò, che posto
Ogni rancor, sull'aste nostre ei fosse
Portato lungi dal tumulto, in loco
Dove in pace ei si muoia. Invitto sire,
Meglio da far quivi non c'era: al prego
Ci arrendemmo.

 
245
 
 
 
 
250
 
 
 
 
255
 
 
 
 
260
 
 
CARLO

                            E ben feste: a chi resiste
L'ire vostre serbate.

(a Svarto)

                                   Il riconosci?


 

 

SVARTO

Anfrido egli è, scudier d'Adelchi.

CARLO

                                                      Anfrido,
Tu solo andavi contro a lor?

265
ANFRIDO

                                             Bisogno
C'è di compagni per morir?


CARLO

                                             Rutlando,
Ecco un prode.

(ad Anfrido)

                           O guerrier, perché gittavi
Una vita sì degna? e non sapevi
Che nostra divenia? che, a noi cedendo
Guerrier restavi e non prigion di Carlo?

 

 

 


 
270

ANFRIDO

Io viver tuo guerrier, quand'io potea
Morir quello d'Adelchi? Al ciel diletto
È Adelchi, o re. Da questo giorno infame
Trarrallo il ciel, lo spero, e ad un migliore
Vorrà serbarlo: ma, se mai... rammenta
Che, regnante o caduto, è tale Adelchi,
Che chi l'offende, il Dio del cielo offende
Nella più pura immagin sua. Lo vinci
Tu di fortuna e di poter, ma d'alma
Nessun mortale: un che si muor tel dice.

 
 
 
275
 
 
 
 
280
CARLO

(ai Conti)

Amar così deve un Fedel.

(ad Anfrido)

                                             Tu porti
Teco la nostra stima. È il re de' Franchi
Che ti stringe la man, d'onore in segno
E d'amistà. Nel suol de' prodi, o prode,
Il tuo nome vivrà, le franche donne
L'udran dal nostro labbro, e il ridiranno
Con riverenza e con pietà: riposo
Ti pregheran. Fulrado, a questo pio
Presta gli estremi ufizi.

(ai soldati che rimangono)

                                       In lui vedete
Un amico del re. Conti, ad Eccardo
Incontro andiam: nobil saluto ei merta.

 

 

 

 

 


 
 
285
 
 
 
 

 

 

 

290
 

SCENA OTTAVA

Bosco solitario.
Desiderio, Vermondo, altri Longobardi fuggiaschi in disordine.

VERMONDO

Siamo in salvo, o mi re: scendi, e su queste
Erbe l'antico e venerabil fianco
Riposa alquanto. O mio signor, ripiglia
Gli affaticati spirti. Assai dal campo
Siam lunge, e fuor di strada: al nostro orecchio
Lo scellerato mormorio non giunge.
Cinto non sei che di leali.

 
 
295
 
 
 
DESIDERIO

                                        E Adelchi?

VERMONDO

Or or fia qui, lo spero; alla sua traccia
Più d'un fido inviai, che lo ritragga
Dall'empio rischio, a miglior pugna il serbi,
E a questa posta de' leali il guidi.

300
 
 
DESIDERIO

O mio Vermondo, il vecchio rege è stanco,
È stanco — dalla fuga.

VERMONDO

                                    Ahi traditori!

305
DESIDERIO

Vili! Nel fango han trascinato i bianchi
Capelli del lor re; l'hanno costretto,
Come un vile, a fuggir. — Fuggire! e quinci
Non sorgerò che per fuggir di nuovo?
A che pro? dove? in traccia d'un sepolcro
Privo di gloria? — E comple? Io, per costoro,
Fuggir? Chi il regno mi rapì, mi tolga,
La vita. Ebben? quand'io sarò sotterra,
Che mi farà codesto Carlo?

 
 
 
 
310
 
 
 
VERMONDO

                                            O nostro
Re per sempre, fa cor: son molti i fidi;
La sorpresa gli ha spersi; a te d'intorno
Li chiamerà l'onor: ti restan tante
Città munite; e Adelchi vive, io spero.

 
315
 
 
DESIDERIO

Maledetto quel dì che sopra il monte
Alboino salì, che in giù rivolse
Lo sguardo, e disse: questa terra è mia!
Una terra infedel che sotto i piedi
De' successori suoi doveva aprirsi
Ed ingoiarli! Maledetto il giorno,
Che un popol vi guidò, che la dovea
Guardar così! che vi fondava un regno,
Che un'esacranda ora d'infamia ha spento!

 
320
 
 
 
 
325
 
VERMONDO

Il re!

DESIDERIO

          Figlio, sei tu?

SCENA NONA

Adelchi, e detti.

ADELCHI

                                   Padre, ti trovo!

(s 'abbracciano)

 

 

DESIDERIO

S'io t'avessi ascoltato!

ADELCHI

                                   Oh! che rammenti?
Padre, tu vivi; un alto scopo ancora
È serbato a' miei dì; spender li posso
In tua difesa. — O mio signor, la lena
Come ti regge?

 
330
 
 
DESIDERIO

                          Oh! per la prima volta,
Sento degli anni e degli stenti il peso.
Di gravi io ne portai; ma allor non era
Per fuggire un nemico.

 
 
335
ADELCHI

(ai Longobardi)

                                      Ecco, o guerrieri,
Il vostro re.

 


UN LONGOBARDO

                    Noi morirem per lui!

MOLTI LONGOBARDI

Tutti morrem!

ADELCHI

                       Quand'è così, salvargli
Forse potrem più che la vita. — E a questa
Causa, or sì dubbia ma ognor sacra, afflitta
Ma non perduta, voi legate ancora
La vostra fede?

 
 
340
 
UN LONGOBARDO

                         A' tuoi guerrieri, Adelchi,
Risparmia i giuri: ai longobardi labbri
Disdicon oggi, o re: somiglian troppo
Allo spergiuro. Opre ci chiedi: il solo
Segno de' fidi è questo omai.

 
 
 
345
ADELCHI

V'ha dunque
De' Longobardi ancora! — Ebben; corriamo
Sopra Pavia; fuggiam, salviam per ora
La nostra vita, ma per farla in tempo
Cara costar; donarla al tradimento
Non è valor. Quanti potrem dispersi
Raccoglierem per via, misti con noi
Ritorneran soldati. Entro Pavia,
A riposo, a difesa, o padre, intanto
Ristar potrai: cinta di mura intatte,
Ricca d'arme è Pavia: due volte Astolfo
Vi si chiuse fuggiasco, e re ne uscìo.
Io mi getto in Verona. O re, trascegli
L'uom che restar deva al tuo fianco.

 
 
 
 
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DESIDERIO

Il duca D'Ivrea.

ADELCHI

(a Guntigi che s'avanza)

                             Guntigi, io ti confido il padre.
Il duca di Verona ov'è?

 

360

GISELBERTO

(si avanza)

                                         Tra i fidi.

 

 

ADELCHI

Meco verrai: nosco trarrem Gerberga.
Tristo colui che nella sua sventura
Gli sventurati obblia! Baudo, il tuo posto
Lo sai: chiuditi in Brescia; ivi difendi
Il tuo ducato, ed Ermengarda. — E voi,
Alachi, Ansuldo, Ibba, Cunberto, Ansprando,

(li sceglie tra la folla)

Tornate al campo: oggi pur troppo ai Franchi
Ponno senza sospetto i Longobardi
Mischiarsi: esaminate; i duchi, i conti
Esplorate, e i guerrier: dai traditori
Discernete i sorpresi; e a quei che mesti
Vergognosi vedrete da codesto
Orrido sogno di viltà destarsi,
Dite ch'è tempo ancor, che i re son vivi.
Che si combatte, che una via rimane
Di morir senza infamia; e li guidate
Alle città munite. Ei diverranno
Invitti: il brando del guerrier pentito
È ritemprato a morte. Il tempo, i falli
Dell'inimico, il vostro cor, consigli
Inaspettati vi daranno. Il tempo
Porterà la salute; il regno è sperso
In questo dì, ma non distrutto!

(partono gli indicati da Adelchi)

 
 
 
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DESIDERIO

                                               O figlio!
Tu m'hai renduto il mio vigor: partiamo.


385
ADELCHI

Padre, io t'affido a questi prodi; or ora
Anch'i teco sarò.


DESIDERIO

                            Che attendi?

ADELCHI

                                                 Anfrido
Ei dal mio fianco si disgiunse, e volle
Seguirmi da lontan; più presso al rischio
Star, per guardarmi: io non potei dal duro
Voler, da tanta fedeltà distorlo.
Seco indugiarmi, di tua vita in forse,
Io non potea: ma tu sei salvo, e quinci
Non partirò, fin ch'ei non giunga.

 
 
 
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DESIDERIO

                                                     E teco
Aspetterò.

ADELCHI

                  Padre...

(a un soldato che sopraggiunge)

                                    Vedesti Anfrido?

 

 

395

IL SOLDATO

Re, che mi chiedi?

ADELCHI

                                O ciel! favella.

IL SOLDATO

                                                        Il vidi
Morto cader.

ADELCHI

Giorno d'infamia e d'ira,
Tu se' compiuto! O mio fratel, tu sei
Morto per me! tu combattesti!... ed io...
Crudel! perché volesti ad un periglio
Solo andar senza me? Non eran questi
I nostri patti. Oh Dio!... Dio, che mi serbi
In vita ancor, che un gran dover mi lasci,
Dammi la forza per compirlo. — Andiamo.

 
 
 
400
 
 
 
CORO

      Dagli atrii muscosi, dai Fori cadenti,
Dai boschi, dall'arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l'orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
      Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Qual raggio di sole da nuvoli folti,
Traluce de' padri la fiera virtù:
Ne' guardi, ne' volti confuso ed incerto
Si mesce e discorda lo spregio sofferto
Col misero orgoglio d'un tempo che fu.
      S'aduna voglioso, si sperde tremante,
Per torti sentieri, con passo vagante,
Fra tema e desire, s'avanza e ristà;
E adocchia e rimira scorata e confusa
De' crudi signori la turba diffusa
Che fugge dai brandi, che sosta non ha.
      Ansanti li vede, quai trepide fere,
Irsuti per tema le fulve criniere,
Le note latebre del covo cercar;
E quivi, deposta l'usata minaccia,
Le donne superbe, con pallida faccia,
I figli pensosi pensose guatar.
      E sopra i fuggenti, con avido brando,
Quai cani disciolti, correndo frugando,
Da ritta, da manca, guerrieri venir:
Li vede, e rapito d'ignoto contento,
Con l'agile speme precorre l'evento
E sogna la fine del duro servir.
      Udite! Quei forti che tengono il campo,
Che ai vostri tiranni precludon lo scampo,
Son giunti da lunge, per aspri sentier:
Sospeser le gioie dei prandi festosi
Assursero in fretta dai blandi riposi,
Chiamati repente da squillo guerrier.
      Lasciar nelle sale del tetto natio
Le donne accorate, tornanti all'addio,
A preghi e consigli che il pianto troncò:
Han carca la fronte de' pesti cimieri,
Han poste le selle sui bruni corsieri,
Volaron sul ponte che cupo sonò.
      A torme, di terra passarono in terra,
Cantando giulive canzoni di guerra,
Ma i dolci castelli pensando nel cor:
Per valli petrose, per balzi dirotti,
Vegliaron nell' arme le gelide notti,
Membrando i fidati colloqui d'amor.
      Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
Per greppi senz'orma le corsa affannose,
Il rigido impero, le fami durar;
Si vider le lance calate sui petti,
A canto agli scudi, rasente agli elmetti,
Udiron le frecce fischiando volar.
      E il premio sperato, promesso a quei forti,
Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
D'un volgo straniero por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe ruine,
All' opere imbelli dell'arse officine,
Ai solchi bagnati di servo sudor.
      Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l'antico
L'un popolo e l'altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D'un volgo disperso che nome non ha.

 
 
 
 
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FINE DELL ATTO TERZO

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© 1998 - by prof. Giuseppe Bonghi
- E-mail: Giuseppe.Bonghi@mail.fausernet.novara.it
Ultimo aggiornamento: 29 dicembre 1998